D: Una campagna piatta, fatta di messaggi tendenzialmente piuttosto uguali…

R: Vero… Si rincorrono tematiche più o meno comuni, senza riuscire a intervenire nei bisogni delle persone, che ora più che mai vivono situazioni molto problematiche. Si vola alto ma poco si captano i bisogni reali della gente. Sarebbe un vero delitto, per chi come noi ha lavorato per portare avanti degli impegni, ad un certo punto tornare al periodo delle mutande verdi o a scandali sul modello del Lazio o della Lombardia… Un esempio, a sostegno di quello che dico, sono le borse di studio che con noi furono un modello virtuoso (e copiate anche da altre regioni) mentre con il centro destra vennero drasticamente ridotte, creando disagi davvero gravi per moltissimi studenti.

D: Immigrazione?

R: Sono più quelli che escono che quelli che vengono… La vera immigrazione sono i nostri ragazzi in cerca di opportunità che vanno a trovare lavoro all’estero… La vera battaglia è dare loro l’opportunità di restare. Questo è il vero problema dell’immigrazione, il resto è qualcosa di usato per fini strumentali.

D: C’è un’emergenza razzismo in piemonte?

R: Meno che altrove… In Piemonte abbiamo utilizzato una rete di comuni, che hanno lavorato nella gestione dell’immigrazione, e questo è stato indubbiamente molto utile. Inoltre mi preme far notare che il Piemonte è una terra da sempre inclusiva e settori come la scuola e la sanità sono state, in primis, vere e proprie aree di integrazione.

D: Difendere il lavoro?

R: E’ una priorità… Bisogna assolutamente difendere i marchi storici, le imprese storiche del territorio. Ciò che è stato fatto per i vini deve essere fatto anche per i marchi storici, assolutamente uguale, visto che queste imprese utilizzano nella maggior parte dei casi materie prime del nostro territorio.

D: Piemonte terra di diritti?

R: Direi che nessuno possa dire il contrario… Chiamparino, primo in Italia, ha fatto diventare il matrimonio egualitario un punto centrale della sua amministrazione, grazie anche ad un movimento LGBT vario, ricco di specificità che mediante il dialogo da lui promosso e sostenuto ha potuto renderci tutti partecipi di diritti che sono davvero un segnale di civiltà. Chiaro è che di fronte a degli sviluppi così grandi ed epocali vi possano essere delle sacche reazionarie… Però il Piemonte non le ha certo recepite…

D: Cosa dovrebbe avere il Piemonte per ripartire?

R: Ricordarsi la nostra forza di capitale del sud al nord, la nostra vena di accoglienza, ricordarsi che siamo leader in ricerca e innovazione e che è nel nostro DNA fare impresa… Se poi a tutto questo aggiungessimo la riduzione di orario di lavoro, come in Francia e Germania, avremmo 400 ore lavorative in meno all’anno, una maggiore qualità della vita ed una ottimizzazione del lavoro. Rilanciare sviluppo e trasporti come ad esempio la Linea 2 e Linea 3 metropolitana, la mobilità cittadina e la TAV per evitare l’isolamento della nostra Regione. Tutto questo ovviamente deve avere insito in se il desiderio di iniziare a lavorare seriamente per un piano sul pendolarismo.

Per finire, un tema a me caro, la messa in sicurezza del nostro territorio da straripamenti, erosioni, friabilità come per esempio nell’Alessandrino che è veramente troppo, troppo vulnerabile o come il caso dei murazzi dove si dovrebbe cercare di realizzare progetti simili a quelli di Amsterdam o Venezia.

D: Giovani e cultura?

R: Bisogna smettere con tutto ciò che mortifica le piccole associazioni e che rende tutto sempre così macchinoso, complesso e insostenibile. Bisogna fare una legge sulla cultura seria e razionale, mettendo al centro le associazioni, cercando di adoperarsi sempre più per aprire spazi di protagonismo giovanile, evitare tensioni e impoverimento culturale che non può che portare disagio, magari uscendo dalla visione del centro destra che cultura è uguale a turismo… Perchè perseguendo questo concetto si fa ben poca strada. Credo che le ricette per uscire da questo periodo di stallo ci siano se rimettiamo al centro di tutto la cultura. Più cuore e un pò meno di “management” culturale non può fare che bene.