Nel 2019 a Madrid aprirà la prima residenza pubblica per anziani LGBT del mondo. Fondatore e presidente è Federico Armenteros, classe 1959, che realizzerà la sua opera tramite la Fondazione 26 dicembre dopo un progetto in cantiere da 10 anni. L’edificio nascerà nel quartiere di Villaverde Alto e avrà una capienza di circa 100 persone: due terzi di questi saranno residenti, gli altri utenti diurni.
D: Come è nata questa idea?
R: Nel 2008 ero disoccupato. Avevo 50 anni, ero gay, in Spagna c’era crisi… Non vedevo un futuro chiaro davanti a me e cercavo di trovare altre persone simili a me. Che sorpresa quando ho scoperto che quasi non esistevano gay di maggiore età. Ho fatto delle ricerche e ho scoperto che in realtà c’erano, ma vivevano isolati, molti di loro avevano pensato al suicidio. E’ in quel momento che arriva la dipendenza, l’insulina in vena e l’abbandono del quartiere (*). Mi ha lasciato perplesso il fatto che questa fosse l’unica alternativa. Così mi sono attivato.
D: Qual’è il fine del progetto?
R: Non è una questione di politica, è una questione di diritto. La mia fondazione ha raggiunto un obiettivo non alla portata di tutti: mettere d’accordo due governi di segno opposto. La Comunità di Madrid cederà lo spazio gratuitamente per 30 anni; il consiglio comunale finanzierà il centro diurno. Fin’ora l’accoglienza è stata buona. Dopo tutto, chiediamo qualcosa che esiste già in Germania, Olanda, Danimarca… solo che siamo riusciti a rendere la residenza pubblica e quindi accessibile agli anziani con meno risorse.
D: Pensa avrà molte adesioni?
Solo a Madrid si stima che vivano 160mila persone di età superiore ai 65 anni LGBT. Le parti interessate possono già da ora contattare la Comunità per iscriversi all’elenco.
D: Sarà la prima di molte residenze di questo genere?
R: Ci saranno una o più liste d’attesa. In molti ci hanno chiamato dicendo che vogliono venire a vivere qui. Ci raccontano che vogliono terminare qui i loro giorni, in un luogo in cui non dobbiamo più mentire.
D: La redisenza è per lei il traguardo o il punto di partenza?
C’è ancora molta strada da fare prima che il mondo accetti la diversità. Quello che stiamo facendo è mettere un cerotto sulla ferita: queste persone hanno bisogno di attenzione, vogliamo soddisfare questo bisogno al più presto. Non vogliamo solo aprire centri specializzati, vogliamo che cambi l’intera società. Non importa un fico secco con chi la gente va a letto.
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