Di cosa parla il nuovo libro di Sharon Nizza “7 ottobre: Israele il giorno più lungo?
Il 7 ottobre ha rappresentato per gli israeliani un ritorno a un incubo: immagini di uomini, donne, bambini e anziani che fuggono disperati, case incendiate, violenze su madri, mogli e figlie, terrore tra i propri cari. Uno shock che ha risvegliato paure profonde, un evento in cui un piccolo popolo, in un piccolo territorio, si è trovato di fronte a un massacro con tratti di un incubo creduto ormai debellato. Questa data resterà scolpita nella memoria israeliana.
Per comprendere a fondo questa psiche collettiva, è fondamentale considerare anche l’aspetto diplomatico. António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, ha commentato che l’aggressione di Hamas non è avvenuta “nel vuoto,” implicando fosse parte di un conflitto di lunga data. In Israele queste parole sono state viste come una giustificazione, quasi una legittimazione della violenza subita.
Il conflitto israelo-palestinese viene spesso narrato come un ciclo di violenze reciproche che risale fino alla guerra del 1967, al 1948, alla Dichiarazione Balfour del 1917 e persino alla Bibbia. Senza dubbio, le radici del conflitto sono antiche. E non mancano responsabilità anche israeliane, incluso il ruolo del premier Benjamin Netanyahu nell’accrescere il potere di Hamas a Gaza e nel non aver previsto o contrastato efficacemente l’attacco del 7 ottobre.
Ma per gli israeliani non serve andare troppo lontano nel tempo: basta risalire al 2005, anno in cui Israele si ritirò unilateralmente da Gaza, lasciandola interamente ai palestinesi. Nel 2006, Hamas – considerata organizzazione terroristica da Stati Uniti, Unione Europea, Regno Unito e altri Paesi – prese il controllo della Striscia, trasformandola in una base di attacchi contro Israele e investendo in tunnel sotterranei per il contrabbando di armi e azioni offensive. Hamas ha imposto un regime islamico fondamentalista e autocratico, senza elezioni e governando con dure restrizioni.
Nonostante tutto, nei periodi di calma Israele ha mantenuto i confini di Gaza aperti, permettendo a migliaia di palestinesi di lavorare nel Paese come pendolari. I confini venivano chiusi solo in risposta agli attacchi missilistici.
Nei mesi antecedenti il 7 ottobre, gli Stati Uniti lavoravano a un accordo di pace tra Israele e Arabia Saudita, un passo storico che avrebbe richiesto il rilancio del negoziato israeliano-palestinese e che poteva rafforzare la prospettiva di uno Stato palestinese, sostenuto dagli americani e appoggiato anche dall’Autorità Nazionale Palestinese. L’attacco di Hamas del 7 ottobre, probabilmente ispirato dall’Iran, sembra essersi proposto di sabotare questo importante accordo, una minaccia alla sua posizione e una sfida agli Accordi di Abramo.
Questi elementi sono cruciali per comprendere gli eventi del 7 ottobre 2023 e il loro impatto su Israele.
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