Le ACLI di Torino condividono quanto espresso dal nostro Vescovo Mons. Roberto Repole (“Non possiamo stare a guardare”) in relazione al dolore per la morte di Azzurra, Susan e Graziana, le ultime tre donne detenute al carcere di Torino che si sono fatte vincere dalla disperazione.
Da anni si parla del problema carcerario italiano, del fenomeno del sovraffollamento e della difficoltà a garantire a tutti i detenuti e le detenute reali opportunità di rieducazione, di crescita umana e sociale, di formazione, di socialità e di presidi sanitari.
Il mondo carcerario vede la partecipazione di tante realtà associative, istituzioni, la Garante per le persone private della libertà, persone, educatori, operatori carcerari, che si spendono affinchè le occasioni di formazione, lavoro, esercizio dei diritti di cittadinanza siano maggiori.
Anche le ACLI di Torino, con il Patronato ACLI e il Caf ACLI di Torino, operano dal 2010 al carcere di Torino per garantire diritti sociali alle persone private della libertà e alle loro famiglie.
Ma l’investimento deve essere maggiore, affinché la dignità della persona venga messa al primo posto: opportunità formative, opportunità di lavoro, pene alternative, presidi sanitari garantiti e attenzioni specifiche per chi vive maggiori fragilità psicologiche”.