A Istanbul, il Pride si è comunque svolto domenica scorsa, nonostante il divieto imposto dalle autorità turche. E questa è già una buona notizia. Purtroppo, 113 tra manifestanti, attivisti dei diritti umani e giornalisti sono stati arrestati, proprio mentre tentavano di avanzare verso il centro della città turca, oltre i limiti imposti dalle forze dell’ordine. Numerosi i quartieri centrali transennati e diverse linee della metropolitana chiuse.
Prima del Pride, il Prefetto di Istanbul, Davut Gul, aveva dichiarato: “Nessuna attività che minaccia l’istituzione della famiglia, quale garanzia del nostro Stato e della nostra Nazione, è permessa. Non sarà mai concesso a gruppi di dimostrare senza il permesso”.
In realtà il “braccio violento della legge” è stato un po’ meno violento del solito, per i criteri della Turchia: centinaia di fermati e arrestati, ma non si sono registrati particolari scontri e violenze tra polizia e manifestanti. Gli attivisti – che si erano organizzati in maniera top secret – si sono riuniti nei pressi di Piazza Taksim, piazza simbolo di Istanbul, marciando per una decina di minuti e urlando slogan prima di essere inizialmente bloccati dagli agenti e dispersi. Il raduno – con circa 200 attivisti – è stato poi spostato di poco più di un chilometro, nel quartiere di Nişantaşı, una zona residenziale chic di Istanbul, dove sono a lungo sventolate le bandiere arcobaleno.
Già durante la scorsa settimana, numerosi appuntamenti ed eventi che anticipavano il Gay Pride erano stati proibiti dalle autorità cittadine.
Dal 2002, anno del primo Pride a Istanbul, migliaia di cittadini hanno preso parte alla manifestazione (record: 100.000 partecipanti nel 2014), poi, a partire dal 2015, la manifestazione è stata puntualmente vietata e più volte si sono registrati scontri tra polizia e manifestanti. Nel 2022 ci furono addirittura circa 400 persone arrestate.
La comunità LGBTQ+ turca teme ulteriori pressioni (e limitazioni) dopo la rielezione del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan alla guida della Turchia almeno per i prossimi cinque anni.

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