Diego Testolin, artista con cui ho avuto il piacere di collaborare in più di una occasione, in particolare con la produzione di un’opera murale per il Museo d’Arte Urbana di Torino dal significativo valore simbolico, la “Madonna di Kobane”, pronta a difendere la dignità offesa delle donne, allestita sulla superficie parrocchiale della neobarocca Chiesa di San Alfonso, insieme all’Associazione Legalarte, composta da appartenenti alla Polizia di Stato, di cui anche Diego Testolin fa parte come disegnatore ed esperto di fisiognomica della Polizia Scientifica di Padova, appassionati d’arte e cultura ed intenti a coniugare legalità e solidarietà, hanno promosso questa originale iniziativa alla quale, per molteplici motivi oltre la stima per loro, ho aderito con entusiasmo.

Il progetto consiste nell’esaltazione, concreta e non nostalgica, di una certa forma di calcio “romantico”, che ancora si praticava fino agli anni Ottanta del secolo scorso, laddove per romanticismo si intende l’adesione ai valori veri dell’essere sportivi, che consistono, oltre alla maestria tecnica , che peraltro vige ancora oggi, nella lealtà e coerenza dei comportamenti, e nella capacità di rimanere fedeli a lungo ad una maglia e ad una tifoseria, resistendo alle sirene del mercato in considerazione della priorità della qualità della vita, che consiste anche nel sentirsi parte integrante di un ambiente e di una città.
A partire dagli anni Novanta siamo entrati in un’epoca liquida e di passaggio, caratterizzata da un eterno presente che porta a trarre il massimo vantaggio dal “qui ed ora”, connotata da una globalizzazione non solo economica e politica, ma anche culturale e comportamentale, a cui un fenomeno di massa come il calcio non poteva rimanere estraneo.

Naturalmente bisogna vivere nel presente e non in un’eterna nostalgia, che comporta il rischio di non sapersi più proiettare verso il futuro, ma tenere in vita il ricordo di determinati valori, conoscere il passato, vale anche per lo sport in quanto efficace viatico per vivere meglio il quotidiano.

Nell’introduzione “artistica” a questo testo, evidenziavo il valore assoluto e sempre attuale della pittura. Infatti, questi 25 ritratti di calciatori e di sportivi, dipinti con la consueta maestria da Diego Testolin, riescono a evocare la fisiognomia delle personalità raffigurate in relazione alla loro epoca ed al loro ambiente, con maggiore efficacia e sintesi di molte rappresentazioni fotografiche.

Uno dei motivi che mi ha spinto a aderire con convinzione al progetto è il fatto che ho quasi sempre nella vita praticato sport, basket con qualche riscontro agonistico, calcio da un punto di vista ricreativo ed amatoriale, attualmente nuoto per mantenere il fisico in forma.
Ma soprattutto sono sempre stato un tifoso ed un convinto sostenitore della fruizione degli eventi sportivi dal vivo.

Il dominio dello sport, soprattutto il calcio, trasmesso in televisione e sui supporti tecnologici, è inevitabile in questa fase storica di globalizzazione, per gli importanti introiti economici che assicura al gigantesco business delle società, sempre più affannate da un punto di vista finanziario, ed ai guadagni degli atleti, sempre più gonfiati anche a causa della assillante onnipresenza dei procuratori.
Ho iniziato a seguire il calcio negli anni Settanta, quando andavo spesso alle partite, pur non essendone tifoso, delle due squadre della mia città, Torino, all’epoca entrambe in auge, nel catino ribollente tifo e passione di uno Stadio Comunale spesso stracolmo oltre il limite della capienza, cosa che oggi non sarebbe più possibile.
Sono tuttora un assiduo frequentatore di stadi e palazzetti, sono abbonato da più di vent’anni al Bologna, squadra amata e seguita in quella che è la mia seconda città, quanto a frequentazioni e soggiorni, simbolo di un calcio ancora dal volto umano, senza dimenticare la passione per la squadra di basket di Torino, da un decennio ritornata ai fasti della serie A, dopo un ventennio di oblio.

Altra componente evidenziata in questa mostra è quella del tifo, elemento di passione ed aggregazione, e di adesione comunitaria ai colori di una squadra che sono anche simbolo di una città, oltre che occasione per realizzare coreografie spettacolari, talvolta di assoluto valore artistico.
Del tifo “ultra” spesso si evidenziano solo gli eccessi negativi, che pure esistono e vanno stigmatizzati, e sono cresciuti a seguito del clima creatosi a partire dagli anni Novanta, comunque concentrati nelle curve di squadre di prima fascia e di grandi città, più permeabili ad infiltrazioni criminali e di estremismo politico.
La maggioranza dei tifosi sposa invece la causa di un tifo caldo e colorito, vissuto anche nella dimensione nomade del viaggio e della trasferta.
Non a caso il titolo della mostra verte su uno slogan notissimo ai frequentatori delle curve e ha come obiettivo la volontà di sottolineare l’orgoglio identitario della passione calcistica.

Ma veniamo ai personaggi rappresentati sulle tele dipinte da Diego Testolin, allestite nei locali della Galleria Civica Cavour a Padova.

Si parte con un omaggio a Dino Zoff, grande portiere e personalità integra e corretta, con il giusto corollario di un’altra opera dedicata all’esultanza di Paolo Rossi per il gol ad un Brasile tra i più forti di tutti i tempi superato contro le aspettative che facevano dell’Italia un agnello sacrificale ai Mondiali del 1982, poi vinti con l’esultanza in tribuna del Presidente Sandro Pertini, personaggio fuori dagli schemi e partigiano. Si prosegue con una serie di sei carte raffiguranti campioni che caratterizzarono la scena calcistica internazionale negli anni Sessanta e Settanta : George Best, genio e sregolatezza, Mario Kempes, calciatore della nazionale argentina e personalità anticonformista, Johann Cruyff, uno dei più grandi di tutti i tempi simbolo dell’Olanda del “calcio totale”, Gianni Rivera, indimenticato campione che dall’esordio giovanissimo con gli storici “grigi” dell’Alessandria, meritatamente tornata di recente nel calcio che conta, approdò al Milan, di cui divenne la bandiera, Sandro Mazzola, figlio di Valentino, campione nell’Inter stellare di Helenio Herrera ed Angelo Moratti e Gigi Riva, “rombo di tuono”, ala sinistra del Cagliari campione d’Italia nel 1969/1970 e della Nazionale, simbolo assoluto dell’attaccamento ai colori di una maglia e di una terra, insensibile alle sirene del mercato. Abbiamo poi Ivone De Franceschi, giocatore del Padova affermatosi a livello internazionale con la maglia dello Sporting Lisbona nella Primeira Liga portoghese, un altro omaggio alla Nazionale campione del mondo 1982, con l’iconico urlo liberatorio di Marco Tardelli al sessantanovesimo del secondo tempo della finale con la Germania, Paolo Rossi con la maglia di un Real Vicenza che portò ai vertici della serie A, campione molto amato recentemente scomparso, un tributo alla Nazionale Vice Campione del Mondo dietro il Brasile di Pelè a Mexico 70, una storica Juventus annata 1960/1961, ultima in cui giocò il capitano Giampiero Boniperti, che poi ne diventerà carismatico dirigente, Romeo Menti, campione del Grande Torino a cui è dedicato lo Stadio di Vicenza, e subito dopo il capitano Valentino Mazzola. Si prosegue poi con un bel ritratto di Giacomo Bulgarelli, capitano del Bologna scudettato del 1964, anche lui sempre fedele ai colori rossoblù, e due grandi campioni del Brasile anni Ottanta, Zico e Socrates, personaggio irregolare e politicamente impegnato, Luisito Suarez, fuoriclasse spagnolo dell’Inter qui rappresentato con la maglia della Sampdoria, il leggendario Padova anni Cinquanta di Nereo Rocco, il “paron” inventore del catenaccio, celebrato anche con singolo ritratto, due significativi giocatori militanti nel Veneto, Diego Bonavina del Treviso, oggi Avvocato ed Assessore allo Sport del Comune di Padova, ed Alexi Lalas, primo calciatore americano a giocare in Italia, nella file del Padova, per concludere con una tela dedicata ad Enzo Bearzot, condottiero dell’Italia Campione del Mondo 1982, alla spiccata personalità di uno dei più noti arbitri italiani ed internazionali, Pierluigi Collina, ed un omaggio al tifo delle curve.

Edoardo Di Mauro
Direttore Accademia Albertina di Belle Arti
Presidente Museo d’Arte Urbana di Torino