La fotografia sportiva è un’arte che richiede tecnica, intuito e, soprattutto, passione. In questa intervista esclusiva, ci racconta la sua storia Salvatore Giglio, uno dei più grandi fotografi calcistici, capace di immortalare momenti iconici che hanno fatto la storia dello sport. Tra ricordi personali, grandi incontri e una vita dedicata alla Juventus e alla Nazionale italiana, scopriamo il percorso di un uomo che ha fatto del suo obiettivo un racconto d’amore per il calcio.

 

A) È un grande onore poter parlare con lei, maestro della fotografia sportiva calcistica, considerato il più grande dopo la mitica figura di Petrone.
“È vero, Pasquale Petrone è stato un grande. Tuttavia, non mi sono mai considerato un maestro: i veri maestri sono quelli che insegnano nelle scuole. Io sono solo un professionista che ha fatto bene il proprio lavoro.”

B) Direi che ha fatto più che bene il suo lavoro, considerando che ha seguito ben sette Mondiali e una carriera così legata alla Juventus. Da dove è iniziato tutto?
“Ho iniziato a 14 anni. Mio padre, falegname, aveva fatto amicizia con un fotografo, e così sono diventato il suo garzone. Dopo appena quattro mesi, mi ritrovavo già a lavorare in camera oscura, sviluppando e stampando foto. Una volta terminato il servizio militare, ho aperto il mio negozio a Orbassano. Poi il destino ha fatto il resto: la mia passione per la Juventus si è intrecciata con il mio lavoro.
Tutto è cominciato con il Juventus Club Torino, per cui scattavo foto per passione. Alcuni di quei lavori finirono sotto gli occhi del direttore di Calciofilm, che li apprezzò. All’epoca aspiravo a diventare un fotografo di guerra, ma il destino volle che alcune foto di Lazio-Juventus, scattate nel 1976-77, catturassero l’attenzione dell’addetto stampa della Juventus. Da lì è iniziata la mia avventura professionale con il club.”

C) Da fotografo di fiducia a ufficiale della Juventus: un bel salto, no?
“Sì, lo fu. Il mio ruolo si è evoluto nel tempo, seguendo i cambiamenti strutturali e organizzativi della società.”

D) Giocatori, dirigenti e proprietà iniziavano a vederti come una figura di fiducia e, in molti casi, anche come un amico…
“Esatto, ho avuto il privilegio di seguire molti giocatori anche nella loro vita privata. Con alcuni sono nate vere amicizie, come con Del Piero, Chiellini, Buffon, Pirlo, e prima ancora con Tardelli, Cabrini e Scirea, per citarne alcuni.”

E) Parlaci un po’ del tuo rapporto con la Nazionale italiana.
“Ho sempre avuto un grande amore per i giocatori che provenivano dalla mia squadra del cuore, ma seguire come inviato del Guerino Sportivo la Nazionale è stata per me anche una questione di patriottismo.
Un ricordo indelebile è legato ai Mondiali in Germania, dove gli italiani non erano ben visti. Ricordo un poster tedesco che mostrava i nostri giocatori su una pizza gigante: una provocazione. Batterli in semifinale fu un riscatto enorme, non solo per me, ma per tutti gli italiani. Seguire la Nazionale fino al trionfo del 2006 è stato come vivere un caleidoscopio di emozioni in continuo divenire.”

F) E il tuo rapporto con Italo Cucci e il Guerin Sportivo?
“Grazie alla Juventus conobbi Guido Zucchi, fotografo del Guerin Sportivo. Gli chiesi se potevo inviare qualche scatto, e lui mi consigliò di mandare tutto direttamente a Italo Cucci. Dopo una settimana, mi dissero che avevano scelto una mia foto di Zoff. Cucci mi invitò a Bologna e mi offrì un contratto biennale, che includeva i Mondiali del 1982. Da lì iniziò un sodalizio che durò anni.”

G) Cosa significa per te catturare il movimento?
“Non si tratta di catturare il movimento, ma una frazione del tempo. È una questione di concentrazione. Da giovane ero portiere, quindi avevo sviluppato la capacità di anticipare la giocata. Questo, unito alla cultura calcistica, è un grande aiuto per chi vuole fare fotografia sportiva.”

H) Le tue foto hanno fatto il giro del mondo, non solo in ambito sportivo…
“Sì, ho avuto molta visibilità: in Giappone, America, Francia, Inghilterra, Germania, Australia… Nel giugno 2006, il National Geographic mi contattò per pubblicare una mia foto in copertina, e il mese dopo l’Italia vinse i Mondiali. Tra le foto più celebri c’è quella del tifoso italiano con la testa rasata e la scritta ‘Italia’: un’immagine che ha avuto un’enorme fortuna.”

I) Quali differenze vedi tra il calcio di ieri e di oggi?
“Il calcio di una volta era ricco di valori e rispetto. Quello di oggi, purtroppo, ha sacrificato tutto alla logica del profitto.”

L) Che consiglio daresti a un giovane che vuole diventare fotografo sportivo?
“Passione, intuito e tanta pratica. Fotografate tutto, anche ciò che sembra inutile: ogni scatto aiuta a migliorare. E, soprattutto, non sentitevi mai arrivati. C’è sempre qualcosa da imparare.”

M) Un ricordo speciale dell’Avvocato Agnelli?
“Ho tanti ricordi, ma uno in particolare mi piace raccontare. Durante uno scatto famoso, la foto della panchina con i quattro presidenti della Juventus, mi chiese come mettersi. Gli suggerii di accavallare le gambe. Dietro di noi c’era chi mi spingeva a fare in fretta, ma lui volle dedicare tempo agli scatti. Mi disse: ‘Si può fare, signor Giglio. I suoi scatti sono importanti per la mia famiglia. Un giorno, quando non ci sarò più, continuerò a vivere attraverso le sue foto.’”

 

 

 

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