C’è una tensione sottile che si avverte nello stand H20 di Curva Pura a “Roma Arte in Nuvola“. Non è semplicemente uno spazio espositivo, ma un luogo di resistenza concettuale, un dialogo continuo tra ciò che appare e ciò che viene celato. Con il progetto “Hit The Balls As Hard As U Can“, curato da Nicoletta Provenzano, l’artista Gian Maria Marcaccini invita a immergersi in una riflessione stratificata sulla precarietà del nostro presente e sulle contraddizioni che ci circondano. È un’esperienza che non si limita a “guardare”: richiede di muoversi, pensare e, soprattutto, sentire.
Lo stand accoglie con un’apparente essenzialità. Pareti bianche, linee pulite e opere rigorosamente disposte. È uno spazio che potrebbe essere definito minimalista, quasi silenzioso. Ma questo silenzio è solo superficiale. Basta avvicinarsi, spostare lo sguardo, per scoprire che dietro quelle pareti si nasconde un mondo di oggetti quotidiani ammassati: materasso, bottiglie d’acqua, cavi, utensili. È qui che emerge la vera natura dello stand, non come luogo ordinato, ma il riflesso di un’esistenza dove il disordine e l’incertezza si nascondono dietro una facciata di apparente stabilità.
La centralità concettuale di “Hit The Balls As Hard As U Can” è evidente in ogni dettaglio: pittura e installazione si intrecciano in un dialogo fluido che pervade l’intero spazio espositivo. Le opere pittoriche non si limitano a una funzione estetica, ma si integrano con una struttura che domina gran parte dello stand, concepita come una sorta di rifugio. Qui, l’uomo sembra proteggersi da un’epoca incerta e minacciosa, accumulando e conservando oggetti essenziali per la propria sopravvivenza. Questo rifugio, al tempo stesso fisico e simbolico, diventa una chiave interpretativa per l’intero progetto, suggerendo una tensione continua tra la necessità di protezione e l’inevitabilità dell’instabilità.
Il contrasto tra il fronte espositivo e il retro funzionale è il focus del progetto: uno specchio del nostro vivere moderno, in cui la facciata ordinata nasconde una realtà spesso complessa, precaria e frammentata. La scelta rispecchia il linguaggio visivo e concettuale delle opere.
Marcaccini e Curva Pura non vogliono che lo spettatore si fermi all’estetica, vogliono provocare una domanda: cosa c’è dietro? Cosa nascondiamo?
Il retro dello stand diventa la metafora della nostra vita, in cui ciò che mostriamo al mondo è spesso ben lontano dalla realtà che viviamo quotidianamente. È un invito a guardare oltre, ma anche una critica implicita a una società che si affida troppo spesso a una “facciata” per nascondere fragilità e caos.
Il retro dello stand diventa la metafora della nostra vita, in cui ciò che mostriamo al mondo è spesso ben lontano dalla realtà che viviamo quotidianamente. È un invito a guardare oltre, ma anche una critica implicita a una società che si affida troppo spesso a una “facciata” per nascondere fragilità e caos.
Osservare le opere di Marcaccini richiede tempo. Non sono immediate, non si concedono facilmente. Strati di pittura, simboli frammentati e linee geometriche si intrecciano per creare immagini che non si esauriscono al primo sguardo. Tra queste, il logo di IKEA si presenta come un simbolo familiare ma inquietante, decontestualizzato e riassemblato. Non si tratta di un attacco diretto alla standardizzazione, ma di una riflessione più sottile: come il consumo globale ridisegna il nostro immaginario, trasformandolo in qualcosa di prefabbricato.
Il tempo diventa parte integrante del messaggio. Viviamo in un’epoca in cui tutto deve essere veloce, immediato, consumabile. Curva Pura ribalta questa logica: qui, il tempo è essenziale. Le opere richiedono lentezza, attenzione, un approccio quasi meditativo. Gli oggetti nascosti sembrano voler spingere oltre le pareti, creando una tensione tra ciò che si vede e ciò che si intuisce. Questa dualità si estende al concetto di tempo, che qui si dilata e invita lo spettatore a una riflessione lenta.
La precarietà, quasi viscerale, si riflette nell’esperienza fisica dello spazio. Ogni passo è accompagnato dalla sensazione di trovarsi su un equilibrio instabile, come se lo stand stesso potesse riorganizzarsi da un momento all’altro. Non si tratta solo di una scelta estetica, ma di una riflessione sul corpo e sulla mente. Gli oggetti quotidiani presenti non sono solo simboli di precarietà, ma richiamano una dimensione domestica, intima.
Le opere sono narrazioni frammentate. Un dittico con nuvole antropomorfe si distingue per la sua poetica enigmatica: due nuvole, con occhi stilizzati, sembrano osservarci. Sono leggere, sospese, ma il contesto che le circonda è tutt’altro che rassicurante. Lo sfondo grigio, attraversato da segni geometrici, suggerisce una realtà instabile. Le nuvole non giudicano: osservano. Sono spettatrici silenziose di un mondo che cerca di ricomporre i propri pezzi.
In altre opere, Marcaccini utilizza linee e forme astratte per creare narrazioni che si svelano lentamente. Non c’è una direzione univoca, non ci sono risposte definitive. Ogni opera è un invito a esplorare senza la garanzia di trovare un significato. È un approccio che rifiuta la superficialità, chiedendo allo spettatore di mettersi in gioco.
L’architettura della Nuvola di Fuksas amplifica il messaggio dello stand. La trasparenza e la verticalità dello spazio creano un dialogo con l’allestimento, rendendo ancora più evidente la tensione tra visibile e nascosto. La luce naturale che attraversa le pareti di vetro cambia durante il giorno, trasformando continuamente l’atmosfera dello stand, quasi a sottolineare l’instabilità e la mutevolezza che caratterizzano il progetto.
Forse l’aspetto più interessante dello stand di Curva Pura è il suo implicito invito alla costruzione collettiva. Gli oggetti accatastati, apparentemente casuali, sembrano aspettare un intervento: non sono statici, ma potenzialmente riassemblabili. È un messaggio sottile, ma potente: la precarietà non è solo una condizione da accettare, ma anche un’opportunità per creare, per riorganizzare, per trasformare.
Lo stand H20 di Curva Pura non si limita a raccontare il nostro tempo: lo vive, lo mette in scena, lo scompone e lo ricompone.
Curva Pura, con la sua lunga esperienza come spazio indipendente e multidisciplinare, dimostra un coraggio raro nel panorama artistico contemporaneo. Con “Hit The Balls As Hard As U Can” offre una riflessione potente e senza compromessi, che continua a dialogare anche quando si è ormai lasciato lo spazio espositivo.
Curva Pura, con la sua lunga esperienza come spazio indipendente e multidisciplinare, dimostra un coraggio raro nel panorama artistico contemporaneo. Con “Hit The Balls As Hard As U Can” offre una riflessione potente e senza compromessi, che continua a dialogare anche quando si è ormai lasciato lo spazio espositivo.