Per ordine del Presidente russo Vladimir Putin (terrorista internazionale ricercato dalla Corte Penale Internazionale) verrà creato un istituto per il riorientamento sessuale e saranno previste “terapie di conversione”. Questo accade nel Paese dove è reato perfino parlare di omosessualità. Pensare che vi sia qualcuno nel nostro Paese che mentre scende in piazza nei Pride di ogni città invocando in improbabili piattaforme politiche equidistanza tra lo stato che viola in ogni secondo i diritti degli appartenenti alla comunità LGBTQI+ e l’Ucraina, dove i diritti non sono solo riconosciuti ma rivendicati, a me fa orrore. Letteralmente.
Qualcuno potrebbe obiettare che la guerra di aggressione della Russia contro L’Ucraina e le libertà sessuali siano su piani diversi, su binari paralleli. Niente affatto! In ogni editto del regime fascista russo è specificato che l’attacco all’ucraina è una tappa dell’attacco a quell’Europa che riconosce come parte fondante delle proprie libertà le libertà sessuali e riconosce come soggetto di diritto e soggetti di diritti tutti i propri cittadini, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale. Ciò non toglie che serva lottare per i passi avanti che occorrono, qui ed ora. In Italia come in altri Paesi dell’UE. Ma chi a Torino come altrove ha immaginato di proibire o sconsigliare la presenza delle bandiere dell’Ucraina al Pride non solo ha commesso un errore politico ma nella sostanza non riconosce la realtà o non ha compreso nulla di ciò che sta accadendo in questo momento storico.
Lottare per la vittoria dell’Ucraina sul campo è necessario anche per difendere i nostri diritti acquisiti e conquistare diritti per chi oggi non li possiede. Questo strabismo che vede nell’ideologia anti-occidentale, anti NATO, anti-americana il proprio humus di coltura, arriva da lontano e rappresenta appieno una contraddizione inaccettabile, da contrastare. È lo stesso strabismo pacifista che mette sullo stesso piano aggressori terroristi con gli aggrediti, che mette sullo stesso piano dittature assassine con le nostre fragili democrazie.
Igor Boni – Presidente di Radicali Italiani