La manifestazione, in programma dal 10 al 14 maggio presso il Pala Alpitour, porrà Torino al centro dell’attenzione mondiale.
Per Mimmo Carretta, assessore allo Sport, Grandi eventi, turismo e rapporti con il Consiglio Comunale della Giunta guidata da Stefano Lo Russo, si tratta di una grande opportunità per il futuro della città. Carretta ha 47 anni, sposato e padre di un bambino, è stato eletto in Consiglio Comunale nel 2011 (Giunta Fassino) e dal 2017 è segretario metropolitano del Pd.
Come si trova in questo impegnativo ruolo di assessore?
E’ un ruolo di grande responsabilità e orgoglio. Dopo il mio percorso politico diventare assessore della città che amo, e che mi ha adottato 15 anni fa, è motivo di vanto, pur essendo consapevole delle difficoltà del momento.
Cosa l’ha più spinta in questo percorso politico?
Sicuramente l’impegno politico è per me stato sempre importante. A questo ora lego un senso istituzionale che mi ha spinto a voler fare qualcosa di più per questa città verso cui si sente una sorta di debito per come, in questi ultimi anni, è rimasta diciamo frenata.
In cosa consiste la delega per i rapporti con il Consiglio comunale?I rapporti col Consiglio fanno parte del mio DNA. Sono stato consigliere per dieci anni e ho il massimo rispetto per questo ruolo in quanto tutto passa attraverso quella Sala Rossa. Confesso che, quando vi entrai per la prima volta, per sei mesi mi sono sentito come gelato per il fatto di sedermi in un posto così importante e per il mandato di migliaia di elettori che mi scelsero.
Parliamo della vigilia del tanto atteso Eurofestival. Non trova contrasti tra mega eventi, accentratori di attenzione e risorse, e la miriade di iniziative minori storicamente diffuse sul territorio?
In non rilevo questa contraddizione. Ritengo che un’ottima gestione di un grande evento, e penso al modello che stiamo mettendo in campo, riesca a costituire un momento di traino anche per le realtà più piccole, e che questo sia in grado di coinvolgere e creare empatia, con riflessi positivi per tutta la realtà metropolitana. Al contrario una pessima gestione significa esaurire le risorse a discapito di altri.
Quali sono le linee guida messe in campo per questa kermesse che metterà Torino in vetrina mondiale con gli occhi puntati di milioni di spettatori?
Abbiamo lavorato per stabilire priorità e criticità per costruire qualcosa di importante intorno al Palazzetto che l’ospiterà.
Un percorso che ho impostato sul “fare sistema”. Un fattore che per me ha un grande valore, anche se questo termine ormai è diventato quasi una cattiva parola a Torino. “Fare sistema” significa coinvolgere e rendere partecipi tante espressioni del mondo imprenditoriale e sociale del territorio. In tal senso è significativo l’impegno di tanti volontari e di migliaia di torinesi che hanno manifestato la loro disponibilità per supportare questo evento. Un dato che conferma quanto Torino abbia mantenuto quello straordinario spirito solidale emerso nei giochi olimpici invernali del 2006. Del resto questa città ha sempre storicamente avuto una marcia in più.
Perché avrebbe una valenza negativa il discorso fare sistema?
Nel senso che quello a cui mi riferisco non ha nulla a che vedere con le critiche rivolte al cosiddetto “Sistema Torino”.
Cosa potrà innestare Eurovision per la città?
Ci permetterà di testare un modello da riproporre in altre situazioni e per futuri eventi, e su questo stiamo lavorando.
Una sfida impegnativa ancora tutta da giocare?
Certo. Tutto questo sarà possibile se sapremo coinvolgere la città e i tanti turisti. Se sapremo offrire all’occhio dei telespettatori, oltre 200 milioni secondo le previsioni, quanto di bello Torino e il suo territorio può offrire. E’ indubbio che partiamo da una ottima base in quanto la città vanta una grandissima tradizione sia sul piano organizzativo che nell’ospitalità. Anche se, negli ultimi anni, ha un po’ arrugginito la sua capacità di attrarre simili iniziative, pur con l’ottima esperienza registrata con il grande tennis degli Atp 2021.
Un appeal cittadino arrugginito in questi ultimi anni. Perché?
Occorre guardare avanti, è però indubbio che quando non si fa qualcosa per un po’ di anni non è che si perda la professionalità ma..
Ci spieghi meglio?
Insomma non si dimentica come si va in bicicletta, ma se non ci vai per anni ci vuole un po’ di allenamento per rimettersi in sella. Ed è quello che stiamo facendo per fare in modo che tutti riescano a dare un contributo importante alla città in un evento che può assicurare importanti ricadute economiche ed anche sociali.
Resta quindi ottimista, anche se attraversiamo un momento caratterizzato da scenari preoccupanti
Torino può dare tanto e lo ha sempre dimostrato anche nelle fasi più critiche. Stiamo facendo di tutto per mettere Torino in vetrina in modo da far conoscere ed esaltare tutto il suo enorme patrimonio artistico, storico, culturale, con la bellezza delle nostre piazze, dei nostri musei, delle nostre botteghe e la miriade di straordinarie espressioni sociali e solidali come il Sermig e il Cottolengo.
Può dirci altro sull’impostazione della macchina organizzativa di Eurovision?Abbiamo individuato la necessità di coordinarci con tutti gli assessorati. Questo per rispondere adeguatamente alle diverse problematiche aperte da questo evento per il quale dobbiamo ragionare di trasporti, accoglienza, commercio, sociale, ambiente.
Occorre quindi raccordare al massimo tutte le potenzialità e le esperienze che certo non mancano sotto la Mole. In questo senso abbiamo contattato le associazioni culturali e stiamo raccogliendo e valutando tantissime proposte, preziose per affrontare questa sfida con il piede giusto. Insomma stiamo facendo il tutto per mettere Torino in vetrina. Una Torino che può dare tanto e meglio di altri come ha sempre dimostrato.
Certo pesa la preoccupazione per la preoccupazione per la guerra scatenata in Ucraina?
Non mi nascondo le difficoltà legate a un conflitto assurdo per il quale mi auguro si arrivi subito a una soluzione diplomatica. Ma anche su questo dramma Torino sta riconfermando tutto il suo concreto spirito solidale verso chi scappa dalla guerra.
La Musica può essere un veicolo di pace?
Oggi la musica come lo sport sono un grandissimo veicolo di messaggi e sono sicuro che, anche Eurovision, oltre alle canzoni, possa dare ulteriore forza alla Pace, facendo sentire la voce di chi è contro la guerra e l’intolleranza. Un principio che unisce il mondo dell’arte, della cultura e dello sport.
Le piacciano i Maneskin?
Beh sinceramente io sono più legato ai cantautori ma piacciono moltissimo a mio figlio.
Moreno D’angelo