D: Le ragazze di Gauguin hanno sempre il sole dentro gli occhi?

R: L’arte fissa nel tempo sentimenti eterni.

D: Cosa ha in più la grazia di Michele di oggi rispetto alla cantante di “Se io fossi un uomo”?

R: In quel brano con un artificio retorico cercavo di far immedesimare l’uomo nella donna, ho provato a forzare un’empatia che non sempre riesce. Anche se a volte è difficile crederlo, qualche passo in avanti è stato fatto. Penso all’ultimo Sanremo: una trasformazione di costume che ha reso evidente che il mito del machismo sta scricchiolando. Era ora.

D: Un ricordo di Nicolette Larson con cui condivise il brano “Io e mio padre” a Sanremo 1990?

R: La dolcezza e l’umiltà. Ma soprattutto il suo stupore di fronte a dei meccanismi promozionali che non riusciva a comprendere.

D: Cosa la affascina particolarmente della Poesia di Garcia Lorca che ha consacrato con la rosa del papel?

R: L’osservazione delle piccole cose, che invece sono importanti e cariche di significato.

D: Essere considerata la cantante simbolo della musica d’autore, imbarazza?

R: Non so cosa voglia dire musica “d’autore”: se vuol dire affermare un proprio stile riconoscibile, non mi imbarazza, anzi, mi gratifica. Se vuol dire lasciare delle tracce, mi carica di responsabilità. Quando a distanza di 30 anni ricevo ancora messaggi per “Io e mio padre” o messaggi da ragazzi che si sentono rappresentati da “Io sono una finestra”, so che sono entrata in risonanza col cuore di migliaia di persone, e sento di non dover abbandonare il dialogo, ma approfondirlo.

D: Se dovesse invitare una persona a leggere “Apollonia” pubblicato nel 2019 da Castelvecchi, cosa gli direbbe?

R: Se hai mai vissuto credendo di essere in un sogno, forse questo libro è per te.

D: I Talent Show fanno del bene o del male al mondo della musica?

R: Tutto può far bene o male. Dipende da come lo si fa. Se si rispettano i ragazzi e i loro talenti, possono essere aiutati nel loro percorso. Quello che fa male senza dubbio è la “competizione” e l’idea che il successo sia l’obiettivo. Bisognerebbe comunicare meglio che l’obiettivo è la realizzazione del proprio talento.

D: Come giudica lo stato attuale della musica italiana?

R: Ci sono migliaia di ragazzi che esprimono contenuti di spessore in modalità nuova o classica. I giovani mi stupiscono sempre. Ascolto volentieri ogni genere e se posso essere sincera sono felice che il finto genere “indie” si stia ridimensionando a favore di suoni più elaborati e testi meno banali.

D: in casa, tra le pareti domestiche, nella dimensione privata… quando scegli della musica, quali sono le note che ti accompagnano?

R: Ascolto jazz, molta musica classica e da meditazione

D: Eseguire il brano “Povera patria” di Franco  Battiato, che emozioni evoca in te?

R: Già i primi accordi di quel brano raccontano che stiamo entrando in uno stato malinconico, che si riferisce a quello che l’essere umano poteva essere e non è. E’ una “lamentazione” più che un’invettiva. Mantiene i toni dolci, anche se usa parole forti. Rappresenta perfettamente la persona che credo fosse Franco.  Un  capolavoro della musica.

D: Come la fa sentire il fatto che io mi senta inadeguato ad intervistarla?

R: Mi dispiace! E mi piacerebbe sapere perché…

D: Una domande che non ti ho fatto e che avresti voluto ricevere?

R: Sono stati sufficienti i ristori governativi che hanno compensato i concerti che hai dovuto annullare a causa della Pandemia?

Risposta: non ho visto un euro. In compenso ho avuto dei costi per servizi di cui non ho potuto usufruire. Noi Indie corriamo questi rischi.