“Barriere architettoniche? Per un disabile frequentare una spiaggia italiana è ancora un’avventura, la maggioranza degli istituti scolastici non è a norma e l’elenco delle lacune è interminabile nonostante i progressi fatti in questi ultimi tempi”. E’ la denuncia di Alberto Torregiani. Protagonista e vittima di uno degli episodi di cronaca nera e politica più noti degli anni 70. Alberto, che da 40 anni vive su una sedia a rotelle, è il figlio del gioielliere Pierluigi, l’uomo freddato nel corso di una rapina il 16 febbraio 1979 ad opera dei PAC, gruppo di cui faceva parte Cesare Battisti, ora rinchiuso nel carcere di Ferrara. In quell’occasione Alberto, colpito da un proiettile rimase paralizzato.
Alberto si è sempre impegnato a favore dei disabili con iniziative rivolte anche ad istituzioni internazionali. Questo per ottemperare ai PEBA (Piani di Eliminazione delle Barriere Architettoniche), istituiti nel 1986 (Legge 41) per gli edifici pubblici, poi estesi a tutti gli spazi urbani dalla legge 104 del 1992.
I Peba sono il principale strumento che le amministrazioni comunali hanno a disposizione per migliorare l’accessibilità dei loro territori. Un discorso disatteso in molte realtà. Ciò comporta che monitoraggio e pianificazione di interventi che assicurino la fruibilità di edifici, servizi e spazi pubblici a tutti i cittadini, resti lettera morta ad l’eccezione di pochi comuni. Questo nonostante i numerosi proclami e impegni lanciati in tanti convegni. Anche nella recente campagna elettorale il tema disabilità è sembrato sparire dal dibattito.
Torregiani ricorda come un progetto del ministro della famiglia e disabilità dell’epoca (2018), Lorenzo Fontana, da lui considerato quanto mail valido, (e con cui ha collaborato) sia rimasto nel cassetto dopo la caduta di quel governo.
Il quadro attuale registra grande differenze sul territorio, tra i diversi Comuni, nell’applicazione delle disposizioni su disabilità e barriere architettoniche, mentre è quanto mai importante avere una fotografia precisa per pianificare e attuare i tanto auspicati interventi concreti.
Sulla disabilità sono attive diverse associazioni che operano ognuno per conto suo. Torregiani precisa: “Soggetti e associazioni che raramente, oltre alla denuncia, riescono ad essere realmente efficaci e manca un loro coordinamento. Il ministero deve interloquire con le associazioni per verificare le priorità sul territorio, ma ognuna di queste ha le proprie e gli sviluppi restano così limitati. Per questo occorre un coordinamento in modo che finalmente prevalga una linea direttiva e applicativa uniforme in tutto lo stivale. Questo ricordando come dal 94 le nuove normative impongano dei criteri e parametri per nuove costruzioni e ristrutturazioni con tanto di sanzioni.
Ma vediamo la situazione sul territorio.
Torregiani rileva quanto poche siano le regioni che mostrano un quadro diciamo migliore (Veneto, Puglia, Lombardia e Piemonte), mentre su 8000 Comuni solo 900 si sono attivati sul Peba. E aggiunge quanto l’avere un garante della disabilità nelle Regioni ed un Disability Manager nei Comuni sia fondamentale, non solo per la realizzazione dei PEBA, ma per la tutela dei diritti dei disabili.
C’è spazio poi alle problematiche sociali e culturali:
“La disabilità è ancora vista come una malattia che spesso non interessa chi è sano. Anche se tocca ben quattro milioni di persone”. Un approccio quanto mai esplicativo sull’impatto dei ritardi nell’applicazione delle normative per le persone con handicap e sui disagi che comporta nella loro quotidianità. Un’area che comprende tanti over 65 e non solo, con problematiche legate oltre alla mobilità, a varie patologie e al disagio mentale.
Un quadro complesso a fronte del quale Torregiani rilancia il suo mantra: “la disabilità non ha bisogno di inclusione ma di autonomia. Assicurare il massimo di autonomia possibile alla persona disabile , limita la richiesta di ulteriori servizi”.
Una denuncia che inquadra con amaro pragmatismo una realtà in cui tutti sono solidali a parole mentre poi nei fatti non fa molto per eliminare quegli ostacoli, quelle barriere spesso anche culturali che rendono la vita difficile a chi deve vivere su una carrozzina.
“Sono in carrozzina da 40 anni e mi ritengo alquanto autonomo. Se ci fossero meno barriere non dovrei andare in una spiaggia adattata e lo stesso discorso vale per un negozio, ristorante o luogo pubblico come un museo o cinema. Non dovrei cercare un luogo che possa consentirmi di accedervi”.
Il discorso del privilegiare e puntare all’autonomia del disabile passa anche per il caregiver familiare. Quella figura, solitamente femminile, che si occupa in modo continuativo di un congiunto non autosufficiente. Un ruolo da poco riconosciuto in Italia ma con poche tutele, a differenza del resto d’Europa. Il caregiver per Torregiani va sostenuto proprio nell’ambito di assicurare autonomia al disabile, riducendo la sua dipendenza e richiesta di servizi. Inoltre il diritto delle persone con disabilità a una piena mobilità e accessibilità, in piena autonomia, passa anche attraverso il mantenimento delle agevolazioni sugli interventi per l’eliminazione delle barriere architettoniche introdotte nella legge di bilancio 2022.
“lottando faccio politica”
Per Torregiani oggi sono parecchi quelli che affrontano il tema della disabilità con tante belle parole, ma non ci sono persone adeguate e non c’è un leader che lo abbia contattato, aspettandosi una maggiore attenzione, a fronte della sua lunga esperienza e di un impegno che definisce il suo modo di fare politica, e ammette:
“Certo vi sono diversi esperti sul tema. Ma chi vive questa condizione ha un’altra sensibilità e concretezza e, in ogni caso, è importante che ai vertici ci sia qualcuno che conosca le problematiche non solo a livello universitario ma con esperienza sul campo, esperienza di vita.
Politica e disabilità
“La disabilità non può rimanere estranea alla politica, ma non vedo grandi personaggi capaci di prendere in mano questo argomento”, e confessa: – “Più volte mi chiedono di scendere in campo politicamente, ma per me è importante collaborare con la mia esperienza e il mio impegno. Questo è il mio fare politica” – e ammette: “Al sol pensare di fare il Sottosegretario, per esempio, mi tremano le gambe anche se non si muovono”. Poi aggiunge una sua frecciatina: “E’ una grande balla che la sinistra sia più sensibile a certe tematiche, prevalendo una visione assistenziale e carica di vittimismo”.
L’abbattimento delle barriere apre in qualsiasi ambito sociale tante nuove opportunità, per questo urge una nuova visione andando ben oltre il monitoraggio che è solo il primo passo ed è certa l’evidente mancanza di un soggetto che rappresenti quella complessa realtà legata all’handicap.
Torregiani comunque rileva come molte cose siano cambiate: “Un tempo, diciamo trenta anni fa, si notava l’indifferenza e disagio alla vista di una carrozzina. Oggi le cose sono un po migliorate e lo notiamo nello sport, nel tempo delle paraolimpiadi, dove gli atleti mostrano con orgoglio le loro protesi, che un tempo nascondevano, indice di un contesto sociale certamente migliorato”.
E’ evidente come l’applicazione delle disposizioni per i disabili e maggiori investimenti potrebbe comportare, oltre che sul piano umano e sociale, anche sul fronte economico, pensiamo al Turismo, un importante indotto occupazionale.
Infine, strappiamo una battuta su quel Cesare Battisti, ora in carcere a Ferrara, tornando a quel tragico evento che ha stravolto la sua vita. “Non voglio togliermi un’etichetta, anche se quando fai la vittima vai bene a tutti. Voglio essere riconosciuto per il lavoro che faccio, per il mio piccolo contributo nella società. Battisti vorrei che diventasse un capitolo chiuso”.