Sono passati esattamente 228 anni da quel funesto 16 ottobre del 1793, giorno in cui la spietata vendetta dei rivoluzionari poneva fine alla millenaria monarchia francese ghigliottinando l’ultima regina dell’ancien régime, Maria Antonietta d’ Asburgo-Lorena, uno dei personaggi più ignominiosamente dileggiati e calunniati della storia moderna. Ma cosa c’è di vero dietro al ritratto stereotipato nell’immaginario comune della perfida tiranna dissennata, autrice della mai citata frase “se non hanno più pane, che mangino brioche” (uscita per altro dalla penna di Jean Jacques Rousseau quando ancora la principessa austriaca non era neanche nata!)? Ebbene, è bastato veramente poco per scoprire che questa è solo una delle innumerevoli malignità create ad hoc dai rivoltosi prima, e dagli storici filo-repubblicani poi, per giustificare la disumana crudeltà del popolo nei confronti dei nobili, della famiglia reale e infine di se stesso (in quegli anni di terrore finirono alla ghigliottina quasi 300.000 persone fra i quali anche tutti i promotori della rivoluzione: Robespierre, Danton, Hebert, Saint-Just, ecc). Purtroppo i libri di storia sono sempre scritti dai vincitori e quando ad avere la meglio è una plebaglia ignorante e affamata, fomentata da demagoghi mistificatori, come quella francese del 1789, ogni racconto perde qualsiasi credibilità e necessita inevitabilmente di revisioni accurate e obiettive come quella del geniale scrittore austriaco Stefan Zweig in questa emozionante biografia, capolavoro di stile, cura documentale, penetrazione psicologica e tensione narrativa. Egli è stato il primo di una lunga serie (si ricordano fra le altre “Maria Antonietta, l’ultima regina di Francia” di Carolly Erickson e “Maria Antonietta, la solitudine di una regina” di Antonia Fraser) a riscattare la memoria di questa grande protagonista della storia europea, oltraggiata per più di un secolo da aneddoti e leggende surreali di miserabili dissidenti senza scrupoli che mirarono alla donna per annientare la Regina, rendendola ‘de facto’ il capro espiatorio di secoli di soprusi. Zweig ci consegna infatti il ritratto vero di una ragazza dall’ animo buono, generoso, spensierato, sensibile e assai fragile, minato fin dalla tenera età dal regime militaresco e anaffettivo imposto a lei e ai suoi quindici fratelli dalla severissima madre virago, la grande imperatrice d’ Austria Maria Teresa. Così come le altre sorelle, Maria Antonia (questo il vero nome, divenuto poi Antoinette per i francesi) viene ben presto usata dalla genitrice come pedina politica e spedita in terra straniera a soli quindici anni per diventare la sposa infelice di un ragazzino inetto e impacciato, decisamente poco avvenente, il futuro re di Francia Luigi XVI. Dopo quattro anni è già regina ma la gabbia dorata di Versailles diventa sempre più opprimente per uno spirito libero come il suo e iniziano a serpeggiare immancabilmente i primi veleni contro quella che ormai per tutti, a corte e in città, è già l’invisa “autrichienne” (l’austriaca). Viene accusata di essere sterile, quando invece fu il consorte ad essere impossibilitato a consumare il matrimonio per ben 7 anni a causa di una dolorosa fimosi; di organizzare orge e festini lesbici con le sue favorite, a cui semplicemente elargì in maniera fraterna smisurati privilegi per colmare la paura della solitudine e il suo enorme bisogno di affetto; di avere mille spasimanti, quando invece l’ unico reale amore della sua vita è stato quello smisurato e ricambiato per il conte svedese Hans Axel von Fersen, che rinunciò a sposarsi rimanendole fedele fino alla morte; e soprattutto di sperperare tutto il denaro pubblico con la sua vita frivola e dissoluta, cifre senz’altro degne di nota ma decisamente più modiche rispetto a quelle dei suoi illustri predecessori (primo fra tutti il Re Sole)!

Sicuramente non si può dire che Maria Antonietta sia stata una regina esemplare, forse non ha mai avuto le capacità né la vocazione per esserlo, ma nel suo piccolo microcosmo ovattato ha pur sempre cercato di fare del suo meglio promuovendo ad esempio cause animaliste e ambientaliste, proteggendo e sovvenzionando artiste donne ancora adombrate e sminuite dalla supremazia machista, lanciando moltissime mode innovative che l’ hanno unanimemente consacrata “regina del Rococò” e indiscussa icona di stile, adottando diversi bambini indigenti prima ancora di diventare una madre amorevole e premurosa per i suoi quattro figli. È proprio la maternità ad accrescere col tempo quel senso di oppressione e quel desiderio incessante di vivere senza costrizioni, fino a portarla ingenuamente ad abbandonare Versailles e a perdere così gli ultimi consensi, quelli incrollabili della vecchia aristocrazia. Quando ormai la Regina si accorge di essere rimasta sola è troppo tardi. Le falsità sul suo conto si sprecano; per tutta Parigi girano libelli narranti le più infamanti meschinità. Il popolo manovrato dall’ alto ormai ha deciso: vuole la testa di “Madame Déficit”. Il 5 ottobre 1789 una folla inferocita marcia su Versailles e conduce con la forza la famiglia reale a Parigi: è l’inizio della fine. Nei quattro anni successivi il cuore della povera Maria Antonietta deve sopportare dolori che non sapeva neanche possibili. Durante gli arresti domiciliari alle Tuileries saluta per l’ultima volta l’amato Fersen (che aveva tentato invano di organizzarle una fuga), poi è la volta della reclusione vera e propria e dell’addio al marito (ghigliottinato prima di lei), la separazione dai due figli sopravvissuti, i maltrattamenti, la sconvolgente accusa di incesto e infine l’infame sentenza.

La prigionia, le ignobili umiliazioni e le cruenti atrocità a cui è sottoposta suo malgrado negli ultimi anni di vita, conferiscono tuttavia a Maria Antonietta un’aura nuova, una forza e un coraggio a lei stessa sconosciuti. Costretta dal caso e dalla Storia questa spensierata creatura senza qualità particolari diventa secondo Zweig “il luminoso esempio dell’individuo comune che si erge sopra la sua stessa mediocrità e assume una dimensione involontariamente eroica“, quella appunto che la condurrà al patibolo da vera, eterna, Regina.

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