Si rischia la galera per un sit-in.
“Il più grande attacco alla libertà di protestare della storia repubblicana”: non usa mezzi termini l’associazione Antigone, che difende da tempo diritti e garanzie dentro il sistema penitenziario italiano.
Ora si può rischiare la galera per un sit-in.
Non si placano le critiche al Decreto Sicurezza, entrato in vigore il 12 aprile. Quello che, già dalla primavera estate 2024, veniva definito “un pacchetto securitario”, nonostante numerosi e autorevoli rilievi, è passato come decreto adducendo a fattori di necessità e urgenza, superando per gli ostacoli di un ordinario iter parlamentare (disegno di legge).
Norme repressive che di fatto sono rimaste le stesse, in discussione da oltre un anno, nonostante una pioggia di critiche, anche di incostituzionalità, per l’assenza di giustificazioni al provvedimento d’urgenza (decreto) che contempla un ennesimo inasprimento del sistema sanzionatorio, come rileva il presidente dell’Associazione Nazionale dei Magistrati Cesare Parodi.
Per le opposizioni che sono insorte, vedendo respinti tutti gli emendamenti senza alcuna mediazione, più che di sicurezza si tratta di un provvedimento illiberale di un governo che vede la sicurezza come unica emergenza.
“Un’ennesima deriva autoritaria imposta dal nostro Governo che umilia un Parlamento”. Per Debora Serracchiani, responsabile giustizia del Pd, si tratta di un decreto repressivo che aggira il normale iter parlamentare per impedire un confronto democratico.
“Dietro la retorica della sicurezza si nasconde un impianto normativo incostituzionale che, per la prima volta con un decreto, entrato in vigore la notte del 12 aprile, introduce 14 nuovi reati e 9 inasprimenti di pena”, ignorando come la decretazione d’urgenza sia più limitata in caso di norme penali.
Il decisionismo repressivo della maggioranza ha dapprima respinto senza batter ciglio le proposte di modifica sollevate dall’opposizione. Unica concessione quella della Lega che ha alla fine ritirato la sua raffinata idea di estendere la carcerazione anche a promotori e organizzatori delle proteste.
Non sembra una grande idea l’aumentare il numero dei reati, rispetto al diretto intervento sulle problematiche di sicurezza. Un approccio che avrà come sicuro risultato un aumento dei detenuti in penitenziari che già scoppiano per il sovraffollamento. Questo attraverso criteri che non considerano il discorso di proporzionalità delle pene e che privilegiano un’ottica meramente repressiva.
Cgil: “Si criminalizza dissenso e fragilità”
Per la Cgil si tratta di “un decreto che sostituisce politiche di inclusione sociale e prevenzione del disagio con misure repressive che colpiscono poveri, migranti, emarginati e lavoratori, attraverso una militarizzazione dei rapporti sociali e un uso distorto del concetto di legalità, che finisce per reprimere rivendicazioni e forme pacifiche di dissenso”, afferma la segretaria confederale Chiara Ghiglione, definendo la trasformazione del disegno di legge in decreto come “un abuso della decretazione d’urgenza, motivata da pretestuose ragioni emergenziali”. Questo procedimento esclude di fatto “il confronto parlamentare e mina le basi dello Stato di diritto”.
Tra gli articoli più gravi, secondo la Cgil, vi sono il 12, 13, 14, 19 e 20, che limitano drasticamente il diritto di sciopero e introducono nuovi reati legati a manifestazioni pubbliche, come il blocco stradale e ferroviario. Una scelta che criminalizza il conflitto sociale, specie nei settori già duramente colpiti dalla crisi, come logistica, commercio e industria.
Il decreto prevede anche la possibilità per le forze di pubblica sicurezza di portare un’arma (più occultabile) fuori servizio. Una misura, ancora non chiara e definita), secondo la Cgil, non aumenta la sicurezza ma espone a nuovi rischi, delegittimando il principio per cui la sicurezza pubblica deve rimanere nelle mani dello Stato, non essere privatizzata. Allo stesso tempo, nulla viene fatto per migliorare le condizioni di lavoro degli operatori della sicurezza, penalizzati da carenze di organico, risorse e da contratti inadeguati.
“La vera sicurezza – conclude Ghiglione – non si costruisce con manganelli e manette, ma investendo su lavoro stabile e ben retribuito, sanità, scuola, trasporti, cultura e lotta alla marginalità sociale”. Il dl 48/2025, al contrario, “reprime i deboli e assolve i potenti. Colpisce chi protesta e tutela chi evade o sfrutta, invertendo i principi di giustizia”. Di fronte a questa deriva, la Cgil promette battaglia su tutti i fronti democratici e costituzionali.
Anche per Francesco Petrelli, presidente dell’Unione camere penali italiane, oltre a non sussistere elementi per un simile trattamento d’urgenza, si tratta di un approccio che offende il Parlamento e che aggredisce forme di disagio, marginalità e dissenso, criminalizzando il disobbediente, l’imbrattatore, l’occupante, l’irregolare, come se si trattasse di specifiche categorie.
Che questa maggioranza, a guida fiamma tricolore, abbia una vocazione repressiva lo si era visto già alla sua alba con i provvedimenti anti rave. Ora, dopo aver riempito le carceri di ragazzini, l’ultima tegola era arrivata con la norma nota come “anti Ghandi”, come la definì l’opposizione oltre un anno fa. Un provvedimento, che rientra nell’articolo 11 del Ddl sicurezza , che prevede anche il carcere per chi blocca una strada con il corpo e non con un trattore. Una posizione che metterebbe a rischio qualsiasi iniziativa di protesta. Certo per chi si erge a tutore dell’ordine, inasprendo pene e con nuovi reati, non pare fosse particolarmente indignato quando a bloccare improvvisamente le strade vi erano i forconi o i movimenti dei trattori legati alla Lega.
Insomma per gli eredi delle camice verdi il sistema Orbán va benissimo ed è il faro verso cui procedere. Dopo tutto è ben noto come siano fedeli ad ogni iniziativa della tecnodestra trumpiana:“i dazi sono uno stimolo..”.
Naturalmente sui media governativi la questione ha avuto uno spazio minore rispetto alle polemiche dei programmi serali con i pacchi e vicende riguardanti discutibili influencer e microcriminalità.
Insomma, ora basta un sit-in di studenti davanti ad una scuola una per rischiare di finire in carcere. Un provvedimento repressivo che non ha nulla a che fare con il fronteggiare la criminalità, in cui è evidente un taglio politico censorio verso il dissenso. Un’insofferenza che questo governo ha già ampiamente manifestato anche verso comici, giornalisti e magistrati e anche verso panettieri (il caso-striscione ad Ascoli) e per le manifestazioni antifasciste del 25 aprile che il governo auspicava quanto mai sobrie.
Non a caso dai banchi dell’opposizione si è affermato : “Da oggi la non violenza è reato”.
Insomma: piano piano, ma neanche tanto, verso il modello Orbán..