Lucy Salani era un’icona del suo tempo, del nostro tempo e del tempo immortale.
Se n’è andata a quasi 99 anni, all’ospedale Bellaria di Bologna, dove era ricoverata da tempo. Era l’unica donna trans italiana sopravvissuta al campo di concentramento di Dachau, vicino a Monaco di Baviera, in Germania.
Nata a Fossano (Cuneo) nel 1924, per l’anagrafe Luciano Salani, Lucy si era poi trasferita a Bologna.
Dopo aver disertato sia l’esercito fascista che quello nazista, è stata deportata a Dachau, nel 1944. Qui sopravvisse miracolosamente ad una fucilazione di massa da parte dei tedeschi poco prima della della liberazione. Venne, infatti, ritrovata viva dagli americani in mezzo ad un mucchio di cadaveri.
Dopo la fine della guerra, Lucy Salani ha vissuto a Torino, lavorando per tanto tempo come tappezziera, per poi tornare a Bologna negli anni ’80.
E proprio in quegli anni, a Londra, fece l’intervento per diventare donna.
“Era terribile durante il fascismo essere transessuale”, aveva raccontato Lucy, nel settembre scorso, alla festa dei “Sentinelli” a Milano. “Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho subito anche questo, ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile”. Durante la prigionia a Dachau il suo compito era di “portare i cadaveri alla cremazione”, aveva ricordato, “tutte le mattine dopo l’appello ero obbligata a trasportare i corpi dalle baracche”.
La storia incredibile di Lucy è diventata nota grazie alla biografia scritta da Gabriella Romano, intitolata: “Il mio nome è Lucy. L’Italia del XX secolo nei ricordi di una transessuale”, pubblicata da Donzelli Editore nel 2009. Due anni più tardi, Gabriella Romano ha realizzato anche il documentario “Essere Lucy”.
Nel 2014, il regista Gianni Amelio l’ha intervistata nel documentario “Felice chi è diverso”.
Tra il 2020 e il 2021 Matteo Botrugno e Daniele Coluccini hanno girato il documentario “C’è un soffio di vita soltanto”, dove la si vede a Dachau, dove era stata invitata per il 75° anniversario della liberazione del campo.
Per raccontare tutto, fino alla fine, con sincerità.