Dopo una perdita di peso importante, un paziente ex-obeso continua a portare con sé, suo malgrado, un carico che non è riuscito a smaltire e che mai potrà eliminare senza un intervento chirurgico: la pelle in eccesso.
Svuotati, appesantiti e non più tonici i tessuti saranno soggetti ad un prolasso: se i 30, 40, 50 chili persi sono ormai, dopo tanti sforzi, un lontano ricordo quello che persiste è in molti casi una diastasi addominale, un seno cadente o pettorali completamente svuotati ad esempio. Per risolvere questa situazione andrà dunque intrapreso un vero e proprio percorso chirurgico che consentirà al paziente di appropriarsi (o ri-appropriarsi) di quel corpo tanto desiderato ma non ancora ottenuto, nonostante tutti gli sforzi fatti.
A questo percorso corrisponderanno inevitabilmente anche delle cicatrici, elementi tanto temuti dai pazienti in generale ma diversamente percepiti invece dai pazienti post bariatrici che “accolgono” questi segni con molta più tolleranza, intendendo ciò come un vero e proprio simbolo di rinascita. C’è inoltre da dire che quelle cicatrici, seppur evidenti e spesso posizionate per cause di forza maggiore in zone del corpo non sempre nascoste, andranno incontro ad una guarigione più “dolce”. La ragione sta proprio in quel tessuto eccessivamente “stressato” che ha perso ormai di qualità ma paradossalmente che andrà incontro, proprio per questo motivo, ad una cicatrizzazione migliore. Del resto la formazione dei cheloidi è sintetizzabile come una iper cicatrizzazione e si verifica nei tessuti sani e reattivi, che innescano una risposta riparativa quasi eccessiva. Un tessuto invece qualitativamente inferiore si riparerà ugualmente ma formando segni meno evidenti e quindi soggetti ad migliore una mimetizzazione.