Nonostante i tentativi della maggioranza di far passare la querelle Sangiuliano-Boccia come una vicenda di solo gossip, ormai chiusa e da dimenticare in fretta, l’ex ministro risulta ora indagato per i reati di peculato e di rivelazione di segreti d’ufficio per la sua relazione con Maria Rosaria Boccia. Questo a seguito della denuncia del deputato Angelo Bonelli di Alleanza Verdi Sinistra.
In questi giorni diversi esponenti governativi, in difesa del ministro, lo avevano anche dipinto come possibile vittima di un immancabile complotto, in pieno stile trumpiano.
Gennaro Sangiuliano, che certo non pare vittima di una misteriosa e ambiziosa nuova “Mata Hari”, si è reso alquanto patetico a livello internazionale, non tanto per la sua personale “sbandata affettiva”, ma per il modo con il quale da tempo coinvolgeva in attività istituzionali, e presentava in sedi ufficiali, la signora Boccia come una sua collaboratrice, pur non avendo alcun incarico.
Intanto la Boccia, quanto mai abile in comunicazione e nel restare al centro dell’attenzione mediatica, all’ultimo momento ha dato forfait alla sua annunciata e attesa partecipazione in diretta su Rete4 al programma “E’ sempre Cartabianca” del 10 settembre, condotto da Bianca Berlinguer.  Un modo che sicuramente, nonostante i suoi proclami in difesa della democrazia e delle sue verità, ha ampliato la sua visibilità nel dibattito in corso.
Da quanto ventilato dalla stampa, riservate critiche governative, sul comportamento del suo ex ministro, sussisterebbero da tempo.
L’imbarazzo del governo, per il caso Sangiuliano, in ogni caso costretto alle dimissioni, persiste, e sono certo da stigmatizzare i modi  con cui viene spesso apostrofata l’ambiziosa imprenditrice da parte di giornalisti vicini al partito che ha come modello il Mulino Bianco: “Dio, Patria e Famiglia”.
L’ironia di figure  come Vittorio Feltri non giustificano il fatto che si arrivi a ridurre tutto a “fattore F”, all“uomo cacciatore” e alla perfida figura femminile di cui il ministro maschio, voluto dalla Meloni, sarebbe solo una povera ineluttabile vittima.
Anche in questo, il governo si mostra quanto mai retrò, incapace di guardare avanti, preferendo il modello-Orban al resto dell’Europa di burocrati, banche e banchieri. Un governo che, dopo aver sputato sul piatto della perfida Ursula von der Leyen, ora pretende cariche importanti e fondi che, spesso e notoriamente, utilizziamo poco e male. Con un quadro governativo simile, non è un caso che l’ex presidente della Banca Centrale europea Mario Draghi, autore di un articolato e propositivo rapporto sulla crisi di competitività dei Paesi dell’Unione europea, continui a rappresentare un referente fondamentale di credibilità e serietà, per dare forza a un processo comunitario che segna il passo e che, nel monito di Draghi, non può restare fermo.