Siamo purtroppo tornate al significato originario dell’8 marzo, una data per ricordare il dolore per la morte delle operaie bruciate vive in una fabbrica di New York. Manifestare non può essere una festa femminista come negli anni settanta della mia giovinezza, quelli della liberazione e della presa di coscienza, quando girotondi, canti e scritte rappresentavano la gioia per il nostro ritrovarci e la nostra voglia di prenderci quello che ci serviva occupando spazi e coinvolgendo in assemblee chi ci opprimeva legittimando la società patriarcale che nel secolo scorso aveva dato vita a terribili dittature e carneficine e a due guerre mondiali. Nella mia città, a Torino, dove io intervenivo davanti alle porte della Fiat per parlare con gli operai immigrati, portando con me mia figlia di pochi mesi, occupammo i locali del manicomio femminile dove i muri parlavano ancora della sofferenza delle donne internate, non di rado dai loro mariti o padri per liberarsene, e creammo la prima casa delle donne in quel luogo, dove incontrarci e organizzarci. In ogni quartiere occupammo locali vuoti e creammo i consultori autogestiti dove fare self-help, autocoscienza e scoprire il nostro desiderio di una sessualità libera e non sottomessa ai desideri predatori e violenti di quella maschile. Per una settimana dormimmo e facemmo assemblee nel S.Anna, la più grande clinica di maternità europea, per pretendere l’aborto senza raschiamento e il parto dolce, rispetto e non violenza di pratiche mediche e ostetriche. Primari, medici, ginecologhe e ostetriche, infermieri e personale ausiliario dovettero ascoltare le testimonianze delle pazienti e adeguarsi alle nostre rivendicazioni.

Oggi stiamo misurando dove le evoluzioni patriarcal-finanziarie ci hanno portato e quanto la democrazia che ci esclude sempre più dalla scena pubblica se non siamo gregarie e gregari sia fragile. Abbiamo patito più di due anni una pandemia terribile in tutto il mondo che ha causato più vittime delle guerre e di cui si è capito l’origine: lo sviluppo insostenibile, predatore della natura e distruttore di ecosistemi. Abbiamo moltiplicato la cura e il lavoro gratuito per farvi fronte, perdendo occupazione e autonomia, rinchiuse in casa abbiamo subito violenze di chi raccontava di amarci e visto picchiare ed uccidere anche nostri figli per vendetta. Molte sorelle stuprate e uccise nei modi più brutali, aggredite anche in piazza a Capodanno, nelle strade ogni giorno da branchi di giovani maschi. Abbiamo smesso di fare figli e il nostro paese è in caduta demografica mai vista.

Si sono aggiunte catastrofi climatiche sempre più frequenti e gli stanziamenti green europei per le nuove generazioni, i ristori, il reddito di cittadinanza e gli aiuti del governo in realtà stanno finendo troppo spesso nelle mani di inquinatori e mafiosi ma non nelle mani di tutte le donne, le ricercatrici, le imprenditrici, le lavoratrici che ogni giorno cercano di curare chi ne ha bisogno, a cui non arrivano neppure le briciole.

Oggi assistiamo angosciate e subiamo questa terribile guerra di aggressione di Putin nei confronti dell’Ucraina, invece del disarmo e della pace che non ci siamo mai stancate di reclamare. Ci subiamo anche la risposta di un occidente indebolito e una Nato poco credibile dopo le guerre perse in Afghanistan e ovunque, con un falso racconto che si esportava democrazia e civiltà, mentre era la corruzione e le armi che provocavano fame, distruzione e morte arricchendo sempre più. Sono tutti maschi, e non pochi sono dittatori come questo Putin, intrisi di cultura del potere e della follia aggressiva, i capi di stato che si sono affermati in questo millennio che doveva segnare la fine di predazioni e guerre del secolo novecentesco, il secolo di persecuzioni e sangue.
Il re è nudo sorelle. Non possiamo più lasciarlo governare e depredare risorse, corpi, vite. L’ecofemminismo può essere oggi la prospettiva di questo 8 marzo, la speranza di salvarci con le altre specie e la nostra madre terra. Abbiamo bisogno di tanti uomini amici e fratelli che disertino il patriarcato e le sue complicità sessuali, violente, predatorie e di potere. Dobbiamo organizzarci e occupare spazi e relazioni con cura, empatia, rispetto, giustizia, libertà e responsabilità per tutte e tutti, insieme alle giovani che dirigono i movimenti ecologisti in tutto il mondo. Non c’è più tempo: armi, guerra e violenze vanno messe fuori dalla storia o la nostra storia finirà. La speranza di un futuro vivibile siamo noi. Non c’è altra via. Ora è chiaro.
Laura Cima