“The Big Mother” è un thriller italiano girato a Torino nel 2024 da Antonello Altamura (scrittore specializzato sull’opera di Alfred Hitchcock).
L’opera ha avuto una lunga e difficoltosa gestazione, ma vuole essere un tributo alla città di Torino che diviene un teatro perfetto tra barocchismo e realtà antropologiche inquietanti e attraenti insieme.
L’opera si segnala per la presenza di nomi come Marina Suma, Vincenzo Bocciarelli e il ritorno allo schermo di Sydne Rome.
Il film narra di un bizzarro Maestro del cinema alla fine della carriera: disilluso dopo aver tentato di realizzare un ennesimo film/reportage, il cineasta in piena crisi esistenziale decide di lasciare Roma alla volta di Torino, città che ama molto.
Il film parla di un regista del brivido di fama mondiale alla continua ricerca della verità: l’anziano intellettuale troverà persone che, nella città sabauda, vivono forti contrasti tra spiritualità e materialità in altrettante crisi esistenziali.
Intervistiamo Antonello Altamura, il regista di questo thriller che parteciperà a diversi Festival nazionali e internazionali, riportando Torino al centro di molti interrogativi.
– Perché non ha ambientato il film a Roma? Perché ha voluto restare a Torino? “Perché a Roma non avrei potuto narrare una storia così: a Roma tutto è più gridato, e questo è un film di mistero. Poi, sono anni che mi fermo ad osservare Torino, provando a ‘indossare’ gli occhi di chi non ci abita. Sicuramente non molte città possono vantare questa atmosfera, direi europea. Poi, anche se a volte sei saturo di Torino, la città è capace di stupire sempre”.
– “The Big Mother” ha avuto una gestazione difficile e impegnativa: come mai?
“Direi che lo script è stato molto variato e migliorato anche grazie agli stop. Ho studiato per tanti anni le trame dei registi (oltre ad Hitchcock, su cui ho scritto due libri) e amo molto il cinema di Robert Aldrich, Joseph Losey, ma anche Mauro Bolognini e Mario Freda. La produzione di un film deve far i conti con dei costi che ormai sono veramente alti e i produttori, dopo il Covid, hanno il terrore delle sale vuote. Dunque, bisogna usare fondi anche disparati, oltre ai produttori che, se fanno un investimento, prediligono però la co-produzione. Devo ringraziare molto Paola Amasio, che mi è stata vicino in questa fase cosi dura. Il film si è fermato due volte, ma alla fine l’ho trovato cresciuto rispetto alla storia iniziale. Devo ringraziare la Ciak Company di Francesco Lucci Chiarissi e, ovviamente, Nicolò Fumero, un direttore della fotografia tra i più preparati della sua generazione”.
– “The Big Mother”: perché un titolo inglese?
“Lo chiami pure ‘La grande Madre’, non mi offendo!
Perché un titolo inglese? Forse perché sogno un grande successo all’estero. Nemo est profeta in Patria. Una storia che mi auguro possa piacere ai torinesi, ma anche in Francia, in Germania e in Oriente. In Italia, ultimamente, trovo si parli molto di serie di Netflix e molto poco di cinema. Poi c’è l’invasione delle telenovelas turche… E’ un momento particolare, insomma. Trovo che il Medio Oriente stia facendo film stupendi come “Il Caftano Blu“.
– Chi è “The Big Mother”?
“Beh, non si può dire, non posso spoilerare… Sicuramente tutti nascondiamo qualcosa alla mamma. A volte cose molto brutte”.
– La scelta degli interpreti segna un ritorno di due sex symbol: Marina Suma e Sydne Rome: ce ne parla?
“Marina Suma è una delle attrici che trovo più interessanti in Italia. Lei ha fatto tantissimi film, anche molto diversi l’uno dall’altro, alcuni di gran successo, e trovavo avesse l’appeal adatto per un thriller: perché è mediterranea, misteriosa e di classe. Il personaggio è scritto tutto su di lei e pensando a lei. Devo dire che è una grande professionista e poi è una donna unica, bellissima al naturale, grintosa ma anche dolce, e poi ha un istinto artistico pazzesco: se ‘agguanta’ il personaggio, è una tigre di bravura.
Sydne Rome la conobbi anni fa e mi colpii la sua acuta intelligenza e le sue cento vite: lei ha lavorato con dei big pazzeschi, come Polanski, Chabrol, Clement, Bowie, Delon… Sydne ha fatto una parte stupenda e ha tirato fuori davvero la lezione americana del cinema sul nostro set”.
– Si parla di spiritualità, a vedere le foto dal set…
“Beh si, è un tema cardine. Religione e antropologia sono due cardini del film, che rimane un thriller psicologico, per tutti i cultori del genere, ma con dei tocchi ‘crime’. Ho scelto l’attore Vincenzo Bocciarelli perché mi ha colpito la sua grande complessità e spiritualità insieme, mentre avevo pensato, in un primo momento, a Thomas Arana o Stefano Dionisi. Oggi credo che Vincenzo Bocciarelli, attuale Direttore dei Teatri di Siena, sia stata la scelta più giusta, ha una grande scuola e ama il suo lavoro. Credo faccia respirare l’aria del suo personaggio, tra il cielo e la terra. Ha reso una prestazione attoriale che, secondo il mio modesto parere, è assolutamente da vedere”.
– Fare cinema fa soffrire?
“Credo di si, ma io sono una persona che pensa che la sofferenza purifichi e renda più chiare le idee. Sicuramente è un mondo molto particolare, dove si prendono cantonate, ma non bisogna generalizzare; comunque, ci sono persone colte, interessanti, corrette… Insomma: è un mondo come un altro. Avevo incontrato questo mondo davvero speciale quando scrivevo degli articoli sul cinema. A me, quello che piace, è scrivere e riscrivere una storia, gli attori sono le facce e le anime di una storia. L’intelligenza artificiale non potrà mai ricreare l’emozione che ti dà un volto che vive davvero una storia”.
– Torino come ne esce da questo thriller?
“Beh, Dario Argento l’ha descritta magistralmente, e in tanti film, come inquietante. Il grande Comencini, come corrotta e paradossale ne ‘La donna della domenica’. Io credo di averla descritta come la vede un forestiero o uno straniero: una una città di confine che non riesci mai a conoscere davvero, e anche conservatrice e elegante, che naviga tra influssi migratori e tracce di fasti antichi e che impone a tutti un’impronta europea. Devo ringraziare il Museo Egizio di Torino e la Torino Film Commission: sono stati veramente molto disponibili e professionali, dopo aver letto tutto il materiale”.
– Cosa vorrebbe fare dopo questo film?
“Questo film lo seguirò per almeno due anni, per portarlo il più possibile in Italia, ma anche all’estero. A breve sarò all’estero per un film horror low budget, di cui curo la regia e ideazione, ma è tutto ancora top secret! Sto lavorando in parallelo ad grande film sul mondo del teatro, in Toscana, ma è ancora presto per parlarne. Ce ne sarà occasione, senz’altro”.