Uber, per chi ancora non lo conoscesse, è il sistema che attraverso una applicazione, scaricabile per tutte le piattaforme, sul proprio smartphone mette in contatto taxisti privati e utenti, sta creando una sempre maggiore levata di scudi da parte dei taxisti tradizionali, che si sentono professionalmente minacciati da questa novità sempre più amata ed usata dagli italiani.
Un autentico spirito corporativo mirato a frustrare la moltiplicazione di offerta nel settore della mobilità’.
Visto in un’ottica progressista è lampante che UBER porta un miglioramento dei servizi ed un abbassamento del prezzo per via del regime di concorrenza ed in prospettiva, in caso di diffusione capillare, anche ad un sensibile abbattimento dell’inquinamento derivante dagli autoveicoli.
Inoltre allo stato attuale l’offerta non riesce ad intercettare la potenziale domanda aprendo lo spazio a tutto il sommerso di abusivismo sempre più diffuso ed organizzato.
Appare chiaro che i nuovi driver immessi nel mercato devono essere regolamentati e controllati, ma il tutto porterebbe ad avere anche dei driver selezionati (o selezionabili dall’utente) anche in base a competenze e conoscenze, permettendo (magari) di riuscire finalmente a trovare qualcuno in grado accogliere sul proprio mezzo un turista straniero parlando (almeno) l’inglese.