L’agenzia di stampa giudiziaria Mizan, ha diramato la notizia dell’avvenuta esecuzione del giovane manifestante Mohsen Shekari di 23 anni, arrestato per aver colpito una guardia della milizia Basij, e giustiziato con impiccagione con l’accusa di “guerra contro Dio” nella mattinata dell’8 dicembre, dopo il suo arresto avvenuto il 25 settembre a Teheran, per via delle proteste presenti da mesi nella Repubblica presidenziale teocratica islamica dell’Iran, causate della crescita dell’insoddisfazione economica nella popolazione, che chiede inoltre da tre mesi anche maggiori libertà, come quelle della legge sull’obbligo del velo nelle donne come Mahsa Amini, che fu arrestata proprio per averlo indossato male, e morta poi per emorragia celebrale, il cui corpo però mostrava segni compatibili con un pestaggio, e proprio contro le donne come lei si starebbe scatenando l’odio irriducibile e criminoso della polizia iraniana. A dare l’allarme sono stati i medici, che per non essere arrestati curano i feriti delle rivolte in gran segreto, lo avrebbero fatto con il “Guardian” che li ha intervistati, al quale hanno comunicato di aver notato ferite differenti tra uomini e donne, queste ultime verrebbero colpite da vicino in piena faccia, agli occhi, sul petto e specialmente ai genitali, durante le manifestazioni antigovernative, mentre gli uomini a colpi di fucile, sia nella schiena, che nei glutei e le gambe. Un medico di Ishafan sosterrebbe che il potere intende eliminare con crudeltà estrema la bellezza delle donne, e si è detto traumatizzato da un suo intervento sull’uretra e la vagina di una ventenne che poteva essergli figlia. Il Guardian,malgrado la censura vigente sul web è riuscito ad ottenere delle immagini degli orrori perpetrati su alcuni corpi, anche di bambino, prodotte non solo dalla buona volontà, ma anche dal coraggio di rischiare sia dei medici che dagli infermieri. L’odio che si evince da questa realtà, conferma il grande timore che infine anche uomini cosiddetti “forti e potenti” nutrono verso le donne, diversamente non si può spiegare l’esigenza di coprirne i capelli, di oscurarne i volti, di devastarne le parti genitali atte anche alla riproduzione, di ridurle in catene, o pestarle fino alla morte. Forse proprio in difesa di donne come lei, la lettera aperta di Badri Khamenei, sorella della guida suprema dell’Iran Ali Khamenei, con il quale ha chiuso ogni forma di rapporto e che definisce “despota”, che è stata pubblicata anche online, dove si dice dalla parte delle donne e madri iraniane in lutto, ed esorta le guardie e i mercenari a deporre le armi e unirsi al popolo, prima che sia tardi, inoltre la Khamenei auspica un rovesciamento della tirannia.