Negli anni 70 si diceva “vado a fare il mio dovere” quando si andava a votare.

Ma votare è ancora un obbligo? Fino al 1993 lo era, ma di fatto nessuna sanzione è mai stata comminata per chi si asteneva. Oggi il non voto è diventato, in diversi casi, addirittura maggioritario.

Da decenni si registra un costante e ineluttabile aumento di coloro che evitano le urne. L’astensionismo primo partito preoccupa la legittimazione delle istituzioni ed è indice di una democrazia non in buona salute, specie di fronte ai rischi legati alle derive accentratrici e plebiscitarie in voga (premierato).

In realtà, viviamo da tempo una politica sempre più mirata a eleggere e difendere “un governo, un leader del fare”, mettendo in assoluto secondo piano la gestione complessiva sociale e della rappresentanza.
Pur nella difesa ferrea della democrazia da parte di tanti europei, è un momento in cui il decisionismo di pochi, per quanto arroganti, paga.
Un’epoca di leader e autocrazie, votata al decisionismo che punta ad un tecno-pragmatismo, efficiente ma quanto mai preoccupante.

Per fortuna le masse popolari, nei paesi democratici, hanno ancora il potere di farsi sentire, come avvenuto per l’indignazione collettiva per Gaza, ma i margini democratici sono evidentemente in discussione.

I dati del non voto

Nelle regionali in Calabria, ottobre 2025, ha votato il 43,14% degli aventi diritto, con un‘astensione che sfiora il 57%.
Non una novità nel Sud Italia (e ricordiamo come la percentuale dei votanti comprenda schede bianche e nulle).
Anche nelle elezioni in corso per la Toscana si è registrato un tonfo di votanti del 15%, (dal 62,2% del 2020 al 47,73%) che non lascia dubbi sulla crescente  disaffezione al voto.

Alle Europee del 2024 la partecipazione al voto è scesa per la prima volta sotto il 50% (49,7%), rispetto al 56,1% del 2019. Questo, dopo un’accesa campagna elettorale.

Certo nel Nord Italia si vota di più che al Sud, ma è proprio nei collegi Nord-Ovest e Nord-Est che si è registrato un pesante calo dei votanti, circa dieci punti in meno tra il 2019 e il 2023, passando da oltre il 63% al 53%. Un dato confermato anche dal Piemonte, dove si è passati dal 64,27% del 2019 al 55,31 del giugno 2024.

La disaffezione al voto è stato oggetto di un “libro bianco” a cura del Dipartimento per le Riforme Istituzionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Chi sono coloro che si astengono

Lo studio ministeriale individua come protagonista dell’astensionismo volontario la categoria “gli indifferenti”. Una componente disinteressata e lontana dalle questioni politiche (ma attenzione a considerare questa fascia composta solo da persone a bassa scolarizzazione, anche se si tratta di un elemento prevalente).
C’è poi chi non prende parte alle elezioni per protesta, contestando la classe politica o l’offerta elettorale. Si tratta di persone politicamente consapevoli e integrate che, secondo il libro bianco, incidono per il 15-20% dell’elettorato.

Disillusione e perdita di fiducia nei confronti della politica e dei suoi rappresentanti tocca, in particolare, i ceti più poveri e spesso sono le realtà dei quartieri periferici a disertare le urne.

Nella disaffezione al voto bisogna, inoltre, tener conto di un progressivo e generale calo di passionalità, senso di appartenenza politica, affiancato da una mancata percezione di una reale alternanza in chi ci governa, elementi che possono demotivare la decisione di entrare in una cabina elettorale.

All'entrata delle urne...non c'è nessuno.
All’entrata delle urne…non c’è nessuno.

Difficile invertire la rotta del “non voto”

Le proposte per estendere la partecipazione elettorale partono dagli anziani (una componente sempre più grande, che ha visto gli over 75 passare dal milione del 1952 ai sette milioni del 2023).
Una realtà spesso caratterizzata da difficoltà motorie e patologie invalidanti. Si è parlato di interventi su barriere architettoniche nei seggi elettorali, istituzioni di stazioni speciali di voto, possibilità di voto a domicilio dell’elettore o nei luoghi di cura.

Inoltre, per quel 10% che vive lontano dal Comune, dove risulta anagraficamente registrato, è stata ventilata la possibilità di estendere il voto per corrispondenza o consentirlo in collegi diversi da quello di appartenenza.

Per dare nuova linfa al voto si è anche preso in considerazione il milione di sedicenni, ipotizzando la possibilità di estendere l’elettorato attivo a questa fascia giovanissima.
Tra i più giovani il distacco dalla politica è quanto mai forte e spesso scevro da motivazioni ideologico programmatiche, per chi, ignorando giornali e tv, segue tutto via web. Giovani che preferiscono andare all’estero o risolvere in privato le proprie problematiche. Insomma: meno politica, ma pronti nell’impegno su questioni legate alla difesa degli animali, dell’ambiente e sui diritti civili.

Gli interventi tecnici per estendere l’area dei potenziali votanti possono fare ben poco nel fronteggiare concretamente il pesante distacco dalla politica e quel “non voto” di protesta, che può diventare  un significativo strumento di dissenso, specie in quei regimi autocratici, abituati al supporto di scontate “maggioranze bulgare”.
 

Fornaro: “Contrastare il sentimento di abbandono”

“Recuperare la fiducia di chi oggi si astiene non sarà un percorso facile, ma abbiamo il dovere di provarci, per difendere la democrazia e per costruire l’alternativa alla destra”

Il fenomeno del non voto è stato analizzato da un “addetto ai lavori” come il parlamentare dem, legato al Piemonte Orientale, Federico Fornaro, nel suo ultimo libro “Una democrazia senza popolo” (Astensionismo e deriva plebiscitaria nell’Italia contemporanea).
“Servirebbe una politica meno urlata e spettacolarizzata, mettendo in campo proposte per contrastare l’impoverimento della popolazione e il sentimento di abbandono”, è la ricetta di Fornaro per ridurre il fossato tra eletti ed elettori alla base dell’astensionismo.

Questo, infine, è il suo schema sul comportamento di votanti e non votanti:  Il 40% dell’elettorato vota sempre, anche cambiando partito, mentre l’altro 40% tendenzialmente non voterebbe, ma poi… E il restante 20% è lo zoccolo duro dell’astensionismo”.

Il deputato del Partito Democratico, Federico Fornaro.
Il deputato del Partito Democratico, Federico Fornaro.


Storia: quel voto “turandosi il naso”

Nel dopoguerra e fino agli anni ’70, lo scontro tra due mondi e due ideologie ha mantenuto alta conflittualità e partecipazione politica. L’astensionismo era a livelli frizionali.  Strade e piazze, nei periodi elettorali, erano tappezzate da manifesti e volantini, mentre auto con cartelloni e altoparlanti gracchiavano: “Vota e fai votare Partito Socialista Democratico. Vota Tanassi!”.
Tempi in cui i comizi dei leader nelle piazze erano quanto mai attesi e partecipati.

Ci si lagnava, ma poi si finiva per votare quasi sempre DC (o PCI).

Con la caduta del muro di Berlino (1989) e con il riflusso anni ’80 dal delirio ideologico, molti hanno ridimensionato il loro impegno o si sono allontanati dalla politica, con un voto sempre meno ideologico, dopo gli atavici contrasti tra DC e PCI.
Un quadro in cui si è imposto quel modello, anticipatore dei partiti persona, portato dal PSI di Bettino Craxi.

Al referendum del giugno 1991 sulla preferenza unica, Bettino Craxi consigliò di andare al mare. Ma gli italiani andarono a votare, raggiungendo il quorum....
Al referendum del giugno 1991 sulla preferenza unica, Bettino Craxi consigliò di andare al mare. Ma gli italiani andarono a votare, raggiungendo il quorum….

In ogni caso, le voci critiche verso il potere ci sono sempre state, con il loro corollario di mantra di taglio qualunquistico: “Chiunque governi poi cambia ben poco”, “Quando arrivano a Roma mangiano e pensano solo a loro stessi e ai loro parenti (amanti)”
Indro Montanelli ammoniva già nel 1976: “Turiamoci il naso e andiamo a votare”, facendo poi la croce sullo scudo crociato…

Indro Montanelli: categorico, almeno a parole.
Indro Montanelli: categorico, almeno a parole.


L’astensionismo espressione delle democrazie mature

La scarsa partecipazione al voto è un fenomeno quanto mai ampio nelle democrazie occidentali mature, in cui il passaggio tra conservatori e laburisti non determina sconvolgimenti epocali.
E’ comunque significativo rilevare come negli Stati Uniti, dove l’astensionismo storicamente è quanto mai elevato, nel corso delle attesissime presidenziali americane del 5 novembre 2024, tra Donald Trump e Kamala Harris, si sia toccata un’affluenza del 64,1%, quanto mai alta per gli standard americani.

Quella volta che Donald Trump e Kamala Harris si strinsero la mano.....
Quella volta che Donald Trump e Kamala Harris si strinsero la mano…..

Radici del moderno astensionismo

L’astensionismo ha trovato forti radici nel fango di Tangentopoli, nel 1992. Quell’inchiesta Mani Pulite sulla diffusa corruzione politica che investì come un uragano i partiti di governo (c’era il pentapartito).
Il fenomeno del non voto si è alimentato, anche dopo l’inchiesta, per una serie di scandali e ambiguità, in contesti di crescente difficoltà economico finanziarie (debito pubblico e crisi industriali).

L’arrivo del Silvio nazionale (“Sua emittenza”), sceso in campo nel 1994, rappresentò una novità travolgente legata a quel sogno berlusconiano, alimentato dalle sue accattivanti televisioni, che promettevano successo, lavoro e serenità per tutti, assicurarono al Cavaliere, in breve tempo, un vastissimo consenso, nonostante le ampie contestazioni.

Con Berlusconi si anticipò una certa tendenza sovranista secondo la quale dibattito parlamentare, istituzioni democratiche e divisione dei poteri sono solo un inutile e pesante orpello per l’efficienza delle decisioni del leader.

26 gennaio 1994: Silvio Berlusconi annuncia la "discesa in campo".
26 gennaio 1994: Silvio Berlusconi annuncia la “discesa in campo”.

Grillo e l’onda dell’antipolitica 

Le spinte antipolitiche che hanno messo le ali al movimento di Beppe Grillo partono da quei “VaffaDay” in cui tutti i rappresentanti politici (della partitocrazia) sono stati messi alla berlina.
Un “vaffa” esteso all’Europa, all’Euro e a Mattarella, dipinto da Grillo come “mummia”, per un futuro carico di sogni e originali idealità trasversali.
Un messaggio diretto ed esplicito che ha fatto presa su tanti  elettori che, istintivamente, hanno creduto “di pancia” alla svolta pentastellata.
Un Grillo spesso protagonista dei seguitissimi programmi condotti da Michele Santoro, come “Samarcanda”, che hanno contribuito non poco alla pioggia di consensi che lo ha investito il suo movimento.

I tempi, ormai andati, del "VaffaDay" di Beppe Grillo.
I tempi, ormai andati, del “VaffaDay” di Beppe Grillo.

E’ una fase in cui il crescere dell’astensionismo è affiancato da una notevole fluidità del voto, per cui, dopo decenni di fedeltà ad un simbolo, si cambia partito con estrema facilità.

Nel 2013 il movimento pentastellato raccolse ben un quarto dei consensi (25,6%) ma, contemporaneamente, si registrò un boom delle astensioni, che qualcuno definì come una sorta di sciopero del votocon quasi il 25% che disertò le urne (il 5% in più delle politiche del 2008).
Nel 2018 i Cinquestelle poi toccarono il top con il 32,7%, affiancato da un non voto salito al 27%.  Non era ancora nulla in confronto ai dati di questi ultimi anni, che vedono il partito dell’astensione come vero vincitore delle elezioni.

Oggi, nel pieno del contrasto emergente tra sovranisti ed europeisti (oltre quello tra destra e sinistra), permane sempre alto il non voto, specie tra i ceti a più a basso reddito e, come detto, tra i giovani.

Fattore umanità, oltre il non voto

Occhio, però, a ritenere questa ampia fascia lontana dalle urne, come espressione di mero qualunquismo o di individualismo. La sfiducia nella politica e nei partiti non cancella una volontà solidale e l’indignazione popolare verso certi drammi.
E’ la sorpresa di quel fattore umanità che ha portato milioni di persone in piazza, in Italia e in tutto il mondo libero, per denunciare il massacro dei palestinesi a Gaza. Milioni di persone che, indipendentemente da partiti e dai sindacati promotori, hanno manifestato la loro indignazione per fermare il massacro a Gaza del popolo palestinese, per un futuro di pace e convivenza.
Che c’entra questo con l’astensione? Beh, gente che perde una giornata di lavoro per scendere in piazza per la Palestina, insieme ai figli, non certo per il diktat di un partito, e che poi può anche affermare “Pazienza se non si riesce ad andare ai seggi”…

In ogni caso, dispiace come la nostra destra offenda e ridicolizzi tante persone che sono scene in piazza (in tutto il mondo) per dire basta al terrore a Gaza e per una pace giusta, esaltando solo il protagonismo mercantilista atlanticista.


Chi non vota a prescindere

Sul fronte dell’astensionismo merita un cenno quella galassia che si ritrova tra le spire delle filosofie d’ispirazione new age, acquariane, tra teorici del complotto e del Deep State. Persone che, di norma, rifiutano categoricamente quanto proposto dal mainstream (tv, media, giornali…), che in genere disdegnano le urne (e se votano preferiscono figure come Trump, che – non a caso – ottiene molti consensi tra mormoni, suprematisti ed evangelici…).
Ad esempio: anche i Testimoni di Geova, come ambasciatori del Regno di Dio, non votano per restare neutrali e non prendere parte alle dispute politiche nel mondo.

Concludiamo parlando del fallimento del voto elettronico, inizialmente visto come un valido mezzo per ampliare e agevolare il bacino dei votanti: poco affidabile in termini di segretezza e trasparenza, è stato da tempo annullato dai Paesi che l’avevano sperimentalmente introdotto, come la Norvegia.