Articolo di Michele Pastore

Fotografie di Anastasia Matrosova

 

Il Signor Armani se n’è andato come ha vissuto: in silenzio, con eleganza, senza clamore. Oggi, 4 settembre 2025, il mondo della moda perde il suo architetto della sobrietà, il suo poeta del tessuto, il suo imperatore gentile.

Giorgio Armani è morto a Milano, all’età di 91 anni, circondato dai suoi cari. La camera ardente sarà allestita all’Armani/Teatro, in via Bergognone, il 6 e 7 settembre. I funerali si terranno in forma privata, come da sua volontà.

Nato a Piacenza l’11 luglio 1934, avrebbe voluto fare il medico. Ma il destino lo ha portato a curare il mondo in un altro modo: con la bellezza. Dalla Rinascente a Nino Cerruti, fino alla fondazione della sua maison nel 1975, Armani ha costruito un impero senza mai tradire la sua idea di stile.

La sua giacca destrutturata ha cambiato il modo di vestire il corpo. Ha tolto, anziché aggiungere. Ha liberato, anziché costringere. Ha parlato a uomini e donne senza urlare, con il tono pacato di chi sa che l’eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare.

La sua palette era fatta di grigi, beige, blu: il famoso “greige” che non imponeva, ma accompagnava. I suoi abiti non erano solo capi, ma paesaggi. Non vestivano il corpo, lo raccontavano.

Armani ha vestito Richard Gere in American Gigolò, ha accompagnato Diane Keaton agli Oscar, ha firmato red carpet e passerelle, ma ha sempre guardato anche alla vita vera. Ha creato Emporio, EA7, Armani Casa, Armani Privé. Ha disegnato divise per Alitalia, ha sostenuto la sanità durante la pandemia, ha sfilato senza musica per rispetto della guerra.

Era un uomo che controllava tutto, ma che non ha mai perso il senso dell’essenziale. “Il mio unico rimpianto è aver lavorato troppo e vissuto troppo poco”, disse in una delle sue ultime interviste. Eppure, in quel lavoro c’era tutta la sua vita.

La sua Milano lo piange con discrezione. I suoi collaboratori lo chiamavano “il Signor Armani”, con rispetto e affetto. La sua azienda, costruita con pazienza e visione, continuerà nel solco della sua indipendenza.

Oggi non muore solo uno stilista. Muore un modo di pensare, di camminare, di guardare il mondo. Ma resta il suo lascito: un’idea di bellezza che non passa mai di moda.

E io c’ero. Ho visto, ho ascoltato. E ora scrivo. Perché certi uomini non si dimenticano._