“Il sogno europeo potrà diventare un incubo se non verrà realizzato nei prossimi anni. Non basta una confederazione, serve un governo europeo”.

E’ l’auspicio del radicale Marco Taradash, venuto a Torino per affiancare il segretario Riccardo Magi in una iniziativa elettorale significativamente intitolata “Stati Uniti d’Europa ora o mai più”.

“Questo potrà essere il secolo europeo,, e non cinese, solo se si sapranno riunificare le forze. Non vogliamo una pace come resa e per questo servono grandi investimenti anche per la difesa europea”.
Insomma serve un grande balzo in avanti per arrivare a un governo federale europeo forte, per rispondere alle nuove minacce che arrivano da Russia, Cina, dall’Islam jihadista e dalle incognite americane. “Oggi l’Europa – aggiunge lo storico esponente radicale – non può solo limitarsi a fronteggiare delle emergenze  e occorre andare oltre la sola ricerca di convergenza di interessi nazionali che portano a compromessi spesso al ribasso”.
Un discorso che deve tenere conto delle fondamentali sfide sul fronte ambientale e della transizione ecologica.  

Taradash sottolinea che slogan nazionalistici come  “Meno Europa, più Germania” arrivino nel resto d’Europa solo da forze di estrema destra, a differenza di quanto accade da noi dove questi messaggi pervengono da forze che ci governano. Un attacco, non solo rivolto alla Lega, ma anche al partito di Santoro e ai pentastellati di Conte.  “Tre liste con un legame con Putin che hanno il loro peso. E non basta certo il simbolino della pace…”.

Tra i temi caldi vi sono inevitabilmente le conseguenze delle elezioni americane, dove è quanto mai probabile l’affermazione di Donald Trump. Le cose cambieranno e Taradash si domanda  cosa succederà a quei partiti (in primis a quello di  Giorgia Meloni), che, fino ad ora, si sono  manifestati  fedelmente atlantisti,  quando lo spazio si limiterà alla sola Europa.

Vi è stato poi spazio agli elogi a Mario Draghi per essere stato il primo ad avviare trattative per l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea (ricordando, nell’ambito delle inevitabili polemiche legate ad una strenua battaglia al centro mirata al raggiungimento del sospirato 4%, l’iniziale avversità di Carlo Calenda).
Sottolineando il ruolo dell’ex presidente del Consiglio nell’essere riuscito, in breve tempo, a convincere tutti i capi di governi europei a rinunciare a gas e petrolio russo subito dopo l’invasione dell’Ucraina, ribadendo la validità delle sanzioni, anche alla luce dell’attuale andamento negativo del colosso Gazprom.

“Sappiamo che vi sono due pericoli immanenti sull’Unione europea: l’imperialismo militare, politico, culturale, religioso, etico di Putin e quello cinese. Putin, attraverso la guerra all’Ucraina, cerca di ottenere spazi di consenso, oltre che di territori, per poi proseguire, vedi Georgia (dove la lotta per la libertà la fanno con i vessilli europei), minacciando altre realtà dell’ex Unione Sovietica”.
Una logica di guerra e conquista che per Taradash resta legata all’ideologia socialista e alla teologia cristiano ortodossa del patriarca Kirill (che vede l’invasione ucraina come una crociata contro la lobby gay occidentale), che intende disarticolare l’Occidente in quelle qualità da lui ritenute immorali.  Un contesto in cui la repressione degli omosessuali è intima all’ideologia putiniana e alla sua volontà di potenza.  Per Taradash occorre tener conto dell’imperialismo politico economico di Pechino, che punta alla Russia come strumento di indebolimento dell’occidente, anche con una guerra continua.

Per i promotori degli Stati Uniti d’Europa, che hanno ignorato in questa presentazione ogni tema sociale, queste elezioni europee rappresentano un momento chiave.

Un sogno europeo che, ha ricordato Marco Taradash, parte da Altiero  Spinelli, Alcide De Gasperi, Luigi Einaudi e Marco Pannella, aggiungendo all’elenco, come vero precursore dell’Europa Unita, il martire socialista Giacomo Matteotti.