Per due anni, Daniele Segre (1952-2024) frequentò gli Juventus Fighters e gli Ultras Torino. Vide giovani del sottoproletariato mescolarsi con l’alta borghesia, alcuni tendenti all’estrema sinistra, altri all’estrema destra. Segre era ovunque: nei cortei, nei preparativi dei tifosi, negli incontri settimanali dei tifosi, partecipò anche a molte trasferte. E, quando aveva la sensazione che stesse per succedere qualcosa, tirava fuori la sua Nikon e scattava, come se nulla fosse.
Il suo libro “Ragazzi di stadio” (1980) – oggi cult quasi introvabile – diventerà un documentario, altrettanto iconico.
Le sue foto contribuirono a cambiare la percezione del fenomeno-tifosi, alla fine degli anni ’70.
I tifosi lo interessavano perché erano ai margini della società. I fragili e gli emarginati: queste sono le persone di cui si è occupato (e preoccupato) per tutta la vita. Non a caso è stato definito “Il documentarista degli emarginati”.
I suoi docu-film sono “cinema della realtà”, perché lui era in sempre in stretto contatto con la realtà e Segre non inventava nulla.
Segre aveva iniziato il suo lavoro fotografico sugli ultras perché incuriosito ai graffiti che si moltiplicavano sui muri di Torino, alla fine degli anni ’70. Uno, in particolare, lo aveva colpito: “Il potere dev’essere bianconero in bianco e nero”.
Lo trovò scritto sui muri di Torino, un giorno d’inverno del 1977.
Meno di dieci anni prima, nel 1968, i manifestanti gridavano che “il potere dev’essere operaio“.
Come siamo passati dall’uno all’altro? Era questa mutazione che mi interessava. Più di ogni altra cosa, questa mutazione testimoniava, credo, una certa confusione tra i giovani dell’epoca, una confusione che era anche la mia”, spiegò Segre. 
Quarant’anni dopo il suo “Ragazzi di stadio”, documentò di nuovo gli ultras della Juventus, questa volta concentrandosi sui Drughi.
Ma i tempi erano cambiati…

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