D: Quanto siamo in emergenza nel mondo attuale?
R: Grande emergenza, basta riflettere sulle guerre dimenticate come Sudan, Yemen, Afghanistan… tutte guerre oscure che giacciono oscurate dai riflettori.
D: In percentuale nel mondo?
R: Basta questa cifra… 114 milioni senza un luogo fisico, a causa di guerre e conflitti; un numero mai toccato prima al mondo.
Inoltre, queste sono guerre lunghe e sempre più logoranti, ove la pace è sempre più tortuosa, per cui una condizione di grandi masse di persone perennemente sradicate.
D: In situazioni complesse come queste qual è il vostro ruolo di ONU in merito alle differenze di genere?
R: Due parole: vigilanti e custodi con le persone gravate da maggior fragilità a causa della loro singolarità; nel caso della comunità LGBTQI, spesso assistiamo a episodi di vero e proprio bullismo dagli stessi connazionali; infatti, vi sono paesi che si offrono per ricevere questa tipologia di migranti, Svezia e Canada brillano per disponibilità in termini di accoglienza.
D: Quali sono le prospettive di riscatto di queste persone?
R: Le prospettive di riscatto iniziano con un luogo che le accoglie, poi le riconosce, le custodisce fornendo assistenza varia con la speranza (se lo desiderano) un giorno di poter tornare nel loro paese, alla loro casa di origine.
D: La speranza di un ritorno è spesso un miraggio?
R: Lo è per il fatto che non siamo più capaci a fare la pace e certi conflitti sono eterni. La parola pace ha ormai perso la sua forza propulsiva.
D: Obbiettivi futuri oltre il libro…
R: Ormai pensionata dalle Nazioni Unite ho il tempo di restituire il mio bagaglio di conoscenze ed esperienze al mio paese, nella speranza di riappropriarci dei valori dell’umano ed evitare di scivolare nel disumano.
D: Sogni futuri legati al suo libro?
R: Che sia una leva, in chi lo legge, ad essere un custode di esseri umani, tutelando i diritti che sono la base della pacifica convivenza e quindi di essere stimolo anche alla politica per abbracciare la cura, come postura dell’essere…