Fischi contro il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, nella Sinagoga. Tutto è accaduto durante l’evento “Bring Them Home” (“Portateli a casa”), organizzato dalla Comunità ebraica per commemorare le vittime, a un mese dal l’attacco di Hamas, e chiedere il rilascio degli ostaggi.
All’evento ha partecipato la presidente del Consiglio comunale milanese, Elena Buscemi: quando ha portato i saluti del primo cittadino, citando il nome di Sala, in platea sono partiti sonori fischi e rumorosi brusii di contestazioni.
Il gesto, però, è stato subito contestato dal presidente della Comunità ebraica, Walker Meghnagi, che ha preso la parola poco dopo: Meghnagi ha detto di non avere “gradito quello che molti hanno fatto verso il nostro sindaco”. E poi ha aggiunto: “Si può non essere d’accordo, ma questo non si fa. È il nostro sindaco, noi siamo italiani e milanesi e rispettiamo il sindaco della città”.
Meghnagi non ha, tuttavia, mancato di sottolineare la mancata condanna, da parte dell’amministrazione comunale, delle manifestazioni pro-Palestina dello scorso weekend, durante le quali, secondo la Comunità ebraica, si sono verificati episodi di antisemitismo.
“Chiediamo al Comune, che non si è ancora espresso, di condannare le manifestazioni che ci sono state sabato. È assurdo che una città come Milano non abbia il coraggio di esprimersi“, ha detto Meghnagi.

A un mese dallo scoppio della nuova escalation tra Hamas e Israele, il malcontento per l’amministrazione-Sala all’interno della Comunità ebraica è dilagante. Il sindaco di Milano era stato contestato anche per avere deciso di esporre fuori da palazzo Marino la bandiera di Israele affiancata a quella della Pace, all’indomani dell’attacco del 7 ottobre. Scelta contestata anche dal presidente del Memoriale della Shoah di Milano, Roberto Jarach, che aveva accusato il sindaco di non visitare da tempo il Tempio milanese della memoria dell’Olocausto.
A Milano sono stati intensificati i controlli sui punti sensibili ebraici. Daniele Nahum, consigliere comunale del Partito Democratico di fede ebraica, ha spiegato come si sta vivendo questo periodo: “La preoccupazione fra le varie comunità ebraiche c’è, è inutile negarlo. La preoccupazione c’è, anche perché i terroristi di Hamas non colpiscono solo Israele, ma il loro obiettivo è rappresentato da tutti gli ebrei. Quindi, tutte le sinagoghe in Europa sono obiettivi sensibili. Abbiamo piena fiducia, ovviamente, nelle forze dell’ordine italiane”.
A riportare un po’ di unione all’interno della Sinagoga ci ha pensato l’intervento di Liliana Segre: “Nel 1945 avevo 15 anni. Ora ne ho 93 e devo ancora essere qui?” Se sono qui è perché ritengo che sia un momento importante. Non mi sento di parlare di questo argomento, perché sennò mi sembra di avere vissuto invano“.

Liliana Segre ha definito le immagini della guerra “di una tristezza infinita“: vedere le fotografie degli ostaggi, ha detto, “mi fa venire in mente quando, nel 1945, sono tornata da Auschwitz e a settembre e ottobre venivo tutti i pomeriggi alla Comunità ebraica, che era allora in via Amedei. Era pieno di fotografie di gente che non sarebbe mai tornata e tutti mi chiedevano se mi ricordavo di qualcuno di loro”.