Sono tornate le bandiere del Belgio su tutti social network, come già accadde nel 2016 per gli attentati nella metropolitana e all’aeroporto di Bruxelles. L’effetto “social” dell’attentato di lunedì sera nella capitale belga è stato travolgente: il terrorismo dei “lupi solitari” dell’Isis è tornato a farsi sentire, proprio nel giardino dell’Europa Occidentale, nella capitale dell’Unione europea: un 45enne tunisino, Abdessalem Lassoued, clandestino, radicalizzato, cacciato dalla Moschea del quartiere di Schaerbeek per “estremismo”, già conosciuto ai servizi segreti (che, però, l’hanno perso di vista, mostrando vorticose falle nell’intelligence belga) ha ucciso due cittadini svedesi, che erano a bordo di un taxi, pronti per andare allo stadio a vedere la partita.
Nel punto sbagliato nel momento sbagliato.
I video postati sui social rivelano dettagli agghiaccianti: il terrorista con il giubbotto arancione fosforescente (quasi una sfida, per non passare inosservato), in tutta calma ha caricato il kalashnikov sul marciapiedi, lo ha puntato sul primo taxi arrivato, e ha sparato lucidamente. Poi inseguendo una delle due vittime, che – ancora vivo – era riuscito a fuggire: il killer lo ha raggiunto e freddato nell’androne di un palazzo. Per poi fuggire, per tutta la notte, per ore e ore, nel cuore della Bruxelles europea, libero di scorazzare in moto e postare videomessaggi deliranti e inneggianti all’Isis. Quindi, finalmente, rintracciato per colpa di un cappuccino in un bar e ucciso dalla polizia.
Questa la cronaca, che conoscete tutti.
E subito ono spuntate le bandiere belghe, così come erano spuntate le bandiere francesi ai tempi – era il 2015 – degli assalti a Charlie Hebdo e del Bataclan. Ve li ricordate?
Era un po’ di tempo che le bandiere mancavano dai social: più o meno dai primi mesi della guerra in Ucraina, con il gialloblu ovunque, che poi ha stufato un po’ tutti, dopo 600 e passa giorni di conflitto.
Per qualche giorno era comparsa la bandiera della Turchia, dopo il devastante terremoto del febbraio scorso, che ha provocato circa 50.000 vittime. Ma, certamente e stranamente, non abbiamo visto invadere i social da bandiere palestinesi e, men che meno, israeliane. Beh, qualche bandiera palestinese in più, senz’altro. Ma non tantissime.
Perchè? Perchè è un conflitto in cui non è così vistosamente netta la distinzione tra “buoni” e “cattivi“, perchè – vox populi – se i palestinesi sono le povere vittime di decenni di soprusi israeliani, sono anche quelli – non tutti, s’intende – che rinforzano le fila del gruppo terroristico Hamas e perché gli israeliani, il 7 ottobre, hanno subito una sorta di nuovo “Olocausto”, ma sono pur sempre quelli il cui governo occupa i Territori e tiranneggia gli abitanti della Striscia di Gaza, centellinando da sempre acqua, elettricità, cibo, carburante…
Anche se bisogna sempre distinguere tra popolazione civile, governi e terroristi!
E se non si è sicuri di chi siano esattamente u “buoni” e i “cattivi”, meglio astenersi dalle bandierina usa-getta-acchiappaclick, no?
Ma la guerra, quella sporca e cattiva, non si combatte in un mondo virtuale, ma nel mondo vero e assolutamente imperfetto dell’Anno Domini 2023, dove può succedere di tutto: che ti arrivi un palestinese in casa, che ti finisca un missile israeliano sulla testa e persino che il “Macellaio del Cremlino” chieda l’immediato cessate il fuoco. In Medio Oriente, però, non in Ucraina…
Al di là di tutto, retorica compresa, sogno un mondo che non ha bisogno di eroi.
E nemmeno di bandiere sui social.

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