Giorgio Ballario, giornalista e scrittore torinese, è ospite di “Orlando”, presentandoci le avventure del Maggiore Aldo Morosini, nell’Africa orientale durante la “colonizzazione italiana”. Un personaggio affascinante, in un’epoca un po’ dimenticata dai romanzi, ma alla quale Ballario ha ridato giustamente nuovo risalto.
– Morosini e l’Africa coloniale: ti senti un po’ Hugo Pratt?
“Per certi versi sì, solo che Hugo Pratt l’ha vissuta in prima persona, perché da bambino visse in Eritrea a seguito del padre e io, invece, me la devo reinventare sulla base di documenti storici, che ricerco avidamente”.
– Ti aspettavi un successo così ampio per questa tua serie letteraria?
“Quando uscì il primo, 15 anni fa, avrei detto di no… Però poi mi sono reso conto che personaggio e ambiente affascinavano, al punto tale da creare, attraverso il passaparola, una vera e propria tribù…”.
– Per cui, a questo punto, immagino che avrai dovuto soddisfare anche i gusti di un nuovo pubblico, che andava formandosi.
“Si. In realtà, tutto ciò era già in essere, perché probabilmente esisteva già un pubblico interessato al fenomeno storico dell’ Africa coloniale. Inoltre, avendo un “taglio” giallo ha catturato anche i lettori tipici del giallo”.
– Come credi che si sia evoluto il personaggio di Morosini in questi tuoi sei romanzi?
“Acquisisce spessore di libro in libro, perché il personaggio inizialmente delineato acquisisce sempre più caratterialità, come avviene tipicamente nelle serie letterarie”.
– Sembra una serie che potrebbe già essere una perfetta sceneggiatura per la tv…
“Questo è il parere di molti, però ad oggi, nonostante se ne sia parlato e non poco, non ci sono ancora sviluppi concreti”.
– Il rapporto tra Morosini e le donne?
“Scapolo totale, ma non estraneo al fascino femminile. Si innamora spesso delle donne sbagliate: un po’ come tutti noi…”.
– Hai ricevuto molti complimenti per il tuo lavoro di ricerca storica?
“Sì, anche se i miei sono romanzi storici e non saggi, quindi la storia con la S maiuscola serve come contorno alle storie con la s minuscola dei miei personaggi”.
– Il rapporto tra il periodo storico dell’Italia in Africa orientale e il Maggiore Morosini: esiste un rapporto vero e proprio?
“Morosini è un militare figlio del suo tempo, di conseguenza legato ai valori tradizionali della sua epoca. Non è un un convinto assertore del regime, ma come tanti accetta lo status quo…con un’anima patriottica. Del resto, i libri sono ambientati nel periodo di maggior consenso del regime, prima che si aprissero le prime crepe causate dall’ingresso in guerra”.
– Parlaci un po’ dei personaggi di contorno.
“Morosini ha due compagni fissi di avventure: il maresciallo Barbagallo, solido carabiniere di altri tempi di stampo sabaudo, e il sottoufficiale indigeno Tesfaghì, un personaggio che è un mio omaggio ai tanti eritrei che prestarono servizio al nostro Stato italiano”.
– Perchè hai scelto un carabiniere come protagonista di questa fortunata serie?
“Una scelta quasi obbligata, perché nelle colonie italiane le funzioni di polizia giudiziaria erano svolte fino al 1936 dall’Arma dei carabinieri. In seguito, venne istituita la polizia dell’Africa Italiana: infatti, negli ultimi due romanzi, i miei protagonisti cambiano uniforme, usando quella nuova della Pai”.