Conni Colavecchio, stile letterario sarcastico e brillante, non c’ha pensato due volte a trasformare in un racconto appassionato l’avventura esistenziale del suo amico Andy Shakty Misseri, vita randagia a zonzo per quattro continenti, tra sfide culinarie, contagi musicali e destini inevitabili.

Nomade già nei cromosomi ereditati da padre marinaio, madre inglese cultrice di cucina internazionale e nonna profuga dall’Africa è immerso sin da piccolo nell’arte culinaria. Gli studi, manco a specificarlo, sono al liceo dell’alimentazione nel Ghetto romano. Il diploma in tasca prende aria di mare: Andy s’impratichisce con i fornelli da “Schiano”, prestigioso ristorante del litorale laziale.

Sono gli anni dove si cresce e ci si fortifica nelle bische, come quella del Sor Gianni in piazza dei Sanniti a San Lorenzo, oggi il noto “occupatissimo” Cinema Palazzo. O del Buco der Zagaja sulla spiaggia gay naturista di Capocotta, “erre moscia” a volontà. È la saga degli estratti di carne e dei dadi da brodo infilati dappertutto, anche nel Villaggio Tognazzi, che naturalmente Andy frequenta con assiduità.

Andy è un gastro-innovatore nato, ma Torvajanica è decisamente poco sensibile all’eclettismo dei fornelli. Ecco allora il nostro eroe, rigorosamente in chiodo rosso, catapultarsi nella Parigi dei ristoranti tunisini e delle bettole vietnamite, poi Londra dove s’inventa cene a base di cibo rubato nei supermercati, perfezionamento delle “spese proletarie” degli anni Settanta.

Rientra a Roma con l’idea geniale della “techno fraschetta”, un caravan che esporta il must dei Castelli Romani con fornelli e sound system. La “techno fraschetta” nel 2003 viene istituzionalizzata e diventa “Shakty Restaurant”, frutto anche di trasferte in India, cuoche del Forte Prenestino, generi importati da Montefiascone, patria dell’Est Est Est. La carovana con gazebo culinario girovaga per festival tra musica e cibo, spingendosi fino ad Ibiza.

Ha quindi inizio un altro capitolo esistenziale: l’India.

A Pune l’italianità è il solito asso nella manica: è al ristorante “La Dolce Vita” tra carne alla toscana, ravioli fatti a mano, verdure, nduja dalla Calabria e con il cliché mafioso bretelle-coppola-camicia bianca che funziona sempre.

“Vogliamo divertirci, cucinare, conoscere gente, creare sinergie tra musica, vestiti, cinema e candele”.

È quindi la volta di Assagao, quattromila abitanti, paradiso del biologico, sempre India meridionale. L’ultimo sipario indiano è la società con Rajesh, centauro con capelli lunghi e immancabile doppiopetto con gilet. Il ristorante è in uno stabilimento balneare con cucina mediterraneo-israelitica e cuoco nepalese bravissimo a cucinare la ziva. Il “Roy’s Palace” va a mille, anche perché i materiali e le idee precedenti si riciclano con successo, a cominciare dai dj set e dalle rassegne di cinema.

La vita è un film. E i sogni in grande, come quella fissazione per una fabbrica di salumi italiani da aprire in Asia, rovinano tutto: per reperire soldi in fretta il ricorso alla droga è scontato.

Poi i domiciliari. E una nuova stagione romana. Il bistrot al Pantheon che assicura condivisioni sulla gastronomia siciliana nientemeno che con il ministro Angelino Alfano, il mito di Propaganda Live. Le “techno fraschette” rispolverate in Tuscia. Il turno di notte all’hotel “Boscolo” a cinque stelle con corridoi in stile Shining e Penelope Cruz che prenota dieci stanze. Il bistrot “Giuliana 59” a Prati, cucina per prelati e la spesa al Mercato Trionfale. “Valadier” con l’apparizione di Valeria Marini. Il catering per i negozi Etro. Le grandi feste per architetti e costruttori romani in stile La Grande Bellezza. Il prestigioso Circolo Canottieri. La cucina rinascimentale a Castel Sant’Angelo. “Santo Vino” a piazza della Torretta. Le cene alla comunità di Sant’Egidio. E sei anni alla “Buvette” di via Vittoria, in un’epopea di teiere, vellutate superleggere, Valeria Golino e Luca Marinelli, le spezie di Castroni.

Ma il mondo cambia: il crescente peso di Tripadvisor, i cibi precotti e conservati, i nuovi fornitori, le onnipresenti cantine, eterno patrimonio italiano. Il Maxxi della Melandri e il Covid.

“Forse non sono mai stato un vero chef, non ho una carriera pulita, non sono un esecutore di rigide regole e procedure. Mi sento più un pioniere, un esploratore, un eretico, un folle che ama egoisticamente la vita”. Firmato Andy Shakty Misseri.

“Rock the kitchen”, insomma, è un viaggio infinito tra cucine di tutti i tipi, ricette sorprendenti, esperienze uniche dallo champagne agli scarti di Rebibbia. Una storia che valeva essere raccontata.