Tra le abitudini umane che sono alla base dei preoccupanti cambiamenti climatici vi è anche il cibo globalizzato. Si tratta di verdure,frutta , pesci  che volano da una parte all’altra della Terra prima di finire sulle nostre tavole.

Si è molto parlato dei discussi allevamenti di pesce alimentato con  farine frutto di tonnellate di piccoli pesci della pesca che diventano mangimi per il bestiame e per pesci d’allevamento al di fuori del continente africano o in prodotti per l’industria della cosmesi. Un dramma che tocca i pescatori africani e dell’oriente.

 Un discorso che apre quello legato a una pesca selvaggia con reti di decine di chilometri che distruggono i fondali.  Un mare che è già boccheggiante per l’aumento della temperatura che riduce l’ossigeno in tutti gli oceani. Un fenomeno in costante aumento che è causa di moria di pesci (come si è registrato anche nell’Adriatico) e dell’arrivo di nuove specie che stanno incidendo sui delicati equilibri della fauna ittica. Insomma  l’acqua più calda trattiene meno ossigeno disciolto e impedisce di mescolarsi in profondità.

Tornando ai nostri acquisti alimentari  si rileva come da tempo, pur di far soldi, non si esita a spacciare per verdesca, palombo e altro  quello che in realtà è una specie a rischio di estinzione come gli squali. Ma c’è chi anche fa passare lo squalo per il ben più pregiato pesce spada. In un mondo ittico in cui le frodi  non si contano specie nell’offerta caratterizzata da tranci surgelati difficili da identificare.

 Sui poveri squali pesa la crudele abitudine orientale, che dovrebbe essere illegale   di catturarli per tagliare la solo costosa  pinna (shark finning) e abbandonarli vivi in mare (Gli squali  muoiono dissanguati e per soffocamento perdendo l’equilibrio).  Si stimano siano 3500 le tonnellate di pinne l’anno utilizzate per ottenere quel brodo molto apprezzata nella cucina locale.

Insomma senza saperlo con i nostri acquisti contribuiamo ad alimentare queste truffe e l’estinzione di specie che esistono da milioni di anni e che restano fondamentali nella complessa biodiversità marina. Un mare che soffre per la pesca selvaggia, plastica e  microplastiche (che abbondano sempre più anche tra i pesci che mangiamo), oltre a   creme solari e rifiuti d’ogni tipo.  Un mare che continua a essere utilizzato  come una grande pattumiera, ha  più volte denunciato dal navigatore Giovanni Soldini.

 Questo mentre le alte temperature stanno come detto continuando a favorire l’arrivo di nuove specie nel Mare Nostrum.

L’invasione di specie aliene , già da tempo annunciata , proviene  dal Canale di Suez. Pesci di origine tropicale che possono anche essere pericolose. Non a caso l’Ispr  (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ha lanciato il suo allarme per la presenza di queste nuove specie riscontrate anche in Sicilia, questo  mentre è costante l’aumento della presenza delle meduse sulle nostre coste.

L’allarme riguarda in particolare di quattro specie che possono essere pericolose anche per l’uomo. Non a caso lo slogan lanciato sui social è #attenti a qui 4.

Ma vediamo , senza fare allarmismi, i protagonisti di questa invasione:
Il pesce palla maculato non è commestibile perché la sua carne contiene una neurotossina che è tossica per l’uomo anche se cucinato.  Si tratta di un pesce con una dentatura che può dare problemi a chi si avvicina.

Il pesce scorpione è invece commestibile ma occhio alle sue spine che possono causare punture dolorose anche dopo che il pesce è morto.  Stesso discorso per il pesce coniglio scuro e quello striato: si può mangiare ma occhio alle sue spine.

Va bene. Attenzione alle spine e ad accarezzare nelle immersioni questi nuovi ospiti marini,  ma il principale problema continua ad essere il riscaldamento globale e l’inquinamento causato dall’uomo.

In un mondo in cui spariscono anche i ghiacciai islandesi non sembra che la politica sia particolarmente sensibile a questa che a tutti gli effetti e una priorità che implica scelte molto incisive  a livello sociale e individuale. Scelte che vanno ben oltre gli  slogan “aiutiamo a salvare la natura”, ormai presenti  in ogni pubblicità e nei programmi dei partiti. Questo mentre a Londra si gira in maglietta e mezza Europa è toccata dagli incendi.  Un’ecologia parolaia che evidenzia come molti non siano ancora consci, sulle orme di Donald Trump, che il riscaldamento globale non è una bufala e costerà molto caro se non cambieremo e in fretta  abitudini e modelli iper consumistici di sviluppo. I veri gretini sono altri..