Sono decenni che in tutte le nostre visite nelle strutture carcerarie verifichiamo le indicibili difficoltà che incontrano direttori e agenti di polizia penitenziaria e denunciamo casi di violazioni patenti dei diritti dei detenuti. Sovraffollamento in aumento, detenuti ammassati anche 4 per cella, ritardi nei processi, numeri inaccettabili di persone in attesa di giudizio definitivo, presenza di un terzo di detenuti legati alla violazione delle leggi sulla droga e di tossicodipendenti che dovrebbero essere seguiti in altro modo e non certo rinchiusi dietro le sbarre, immigrati di decine di nazionalità costretti a vivere uno accanto all’altro, sono la “normalità” delle carceri italiane. In questo, nord, centro e sud, sono perfettamente uniti.

Nei giorni scorsi, dopo un percorso di anni spinto dall’azione dei Radicali e dalla nonviolenza degli stessi detenuti, il Consiglio dei ministri ha approvato una riforma del sistema carcerario che permetterà ai giudici di assegnare con più facilità misure alternative e che punta a migliorare la tutela dei detenuti e i loro diritti. Come prevede la nostra Costituzione, da tanti osannata e da quasi nessuno rispettata, la detenzione ha un obiettivo riabilitativo! Oggi, viceversa, le nostre galere non sono certo lo strumento per reinserire nella società chi ha commesso dei reati, ma spesso sono vere e proprie scuole di criminalità.

L’obiettivo dichiarato dalla riforma, voluta dal Ministro della Giustizia Andrea Orlando, è quello di abbattere la recidiva, migliorando le condizioni di vita di chi si trova in carcere e favorendo l’applicazione di misure alternative. Misure queste che, come più volte verificato, riducono il ripetere dei reati da parte di chi viene scarcerato. Malgrado tutto questo la riforma rischia di arenarsi proprio sulla linea d’arrivo, se non riuscirà ad avere il via libera dalle commissioni dell’attuale Parlamento. Eppure chi oggi, anche strumentalmente, chiede più sicurezza e conquista molti voti su queste parole d’ordine, se fosse veramente interessato all’obiettivo sarebbe con noi per chiedere di completare l’iter. Invece, è facile prevederlo, si continuerà a utilizzare demagogia a buon mercato per raggranellare ulteriore facile consenso. Noi, però, non ci fermiamo e non ci fermeremo.

Igor Boni – Direzione nazionale Radicali Italiani

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